Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo Ordinario

 

XXI  Domenica

(23 agosto 2015)

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Gs 24,1-2a.15-17.18b;  Sal 33;  Ef 5,21-32;  Gv 6,60-69

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Gesù termina il suo discorso nella sinagoga di Cafarnao. L’esito è drammatico; molti lo abbandonano: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?". Le attese riposte in quel Maestro sono andate deluse.

Ecco il problema: l’uomo può scandalizzarsi di Dio; facilmente l’uomo si scandalizza di Dio. Non è facile spiegare perché avviene, ma avviene facilmente. Forse la ragione la svela la prima lettura tratta dal libro di Giosuè. Il popolo d’Israele era ormai penetrato nella Terra promessa, dopo la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e la tortuosa peregrinazione nel deserto. Nessuno di coloro che in età adulta avevano lasciato l’Egitto, nemmeno Mosè, e con la sola eccezione di Giosuè, era entrato nella Terra promessa. Si tratta ora di impostare la vita nella nuova condizione di libertà. Chi si vuole servire? Nel linguaggio della Scrittura ‘servire Dio’ allude a un rapporto gioioso e liberatorio che esalta le energie dell’anima sottraendola alle schiavitù quotidiane e all’oppressione del male. Quale Dio servire? È la scelta che si presenta al cuore dell’uomo, sebbene spesso la scelta risulti come obbligata dall’inerzia stessa della vita: prendi quello che risulta più comodo o più facile o più conveniente o più interessato. Ma il ‘servizio’ funziona in ragione della continuamente reiterata libertà di scelta per la verità. Ma per quale verità si è disposti ad impegnarsi?

Lo esprime bene il popolo: “Perciò anche noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio”. ‘Nostro’ non tanto perché lo scegliamo noi, ma perché Lui ha mostrato il suo favore a noi, perché Lui ha fatto questo e questo per noi. In quel ‘anche noi’ non c’è solo il riconoscimento della fede dei padri; c'è soprattutto il riconoscimento dell’agire di Dio per i nostri padri, per noi. Di fronte a Gesù, questo appunto risalta: lui mostra il Dio che si appressa a noi. Come in lui Dio serve noi, così noi con lui serviamo Dio, vale a dire lo riconosciamo nel suo amore per noi. E il salmo responsoriale proclama: ‘il Signore è vicino a chi lo serve’, cioè il Signore è riconosciuto vicino da chi lo accoglie nella sua fatica del vivere, senza scandalizzarsi. Perché l'amore di Dio si mostra nell'umanità di Gesù sotto le categorie della debolezza e della stoltezza al giudizio del mondo, che è lo stesso giudizio della carne, quella che Gesù dice non servire a nulla per trovare e avere la vita.

Due particolari fanno riflettere. Di fronte all’incomprensione dei suoi discepoli Gesù non riduce il Dono di Dio, non banalizza il suo mistero. Svela i vari aspetti del suo mistero, ma il mistero resta. Questo significa che la rivelazione di Dio non comporta una semplificazione del suo mistero, ma più semplicemente la sua maggiore prossimità. La tensione del cuore non va puntata sul contenuto del mistero, ma sul dinamismo che lo caratterizza: ‘Dio ha tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito…”. Da cogliere è questa ‘intenzione’ di Dio, che va diritta al cuore. Quando la moltitudine lo abbandona e Gesù si rivolge agli apostoli: “Volete andarvene anche voi?”, Pietro risponde: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Pietro non si esprime in merito al discorso che Gesù ha fatto, ostico anche per lui, ma si esprime in merito al senso della Sua persona per il suo cuore perché intuisce che lì può trovare la vita.

Ma c’è un secondo particolare, ancora più misterioso. Il brano finisce con l’allusione al tradimento di Giuda, nonostante che la scelta di Giuda fosse stata fatta dallo stesso Gesù. Ecco la questione: se è Dio ad attirare gli uomini, allora in che cosa gli uomini sono responsabili del suo rifiuto? È Dio a scegliere, ma la sua scelta non comporta automatismi, perché fidarsi di Dio significa fidarsi dello spazio di libertà in cui ci pone. Lo spazio di libertà è in funzione della possibilità dell’incontro, gioia di Dio e dell’uomo insieme. Così la fede esprime l’umano nella sua radicalità quando, per compiersi, si scopre fondato e attratto da un oltre che lo sorpassa, benché gli appartenga.

La scelta di Dio non comporta perciò l’esito scontato. È il dramma che segna tanto Dio (che resta solo, se abbandonato da noi) come pure noi, che restiamo soli senza di Lui, incapaci come siamo a realizzare la nostra stessa vocazione umana. L’amore di Dio però non viene meno tanto che quei discepoli, che ora abbandonano Gesù perché il suo discorso è troppo duro, saranno gli stessi che, guardando a Colui che hanno trafitto, potranno ricredersi e convertirsi e finalmente avere la vita, cosa sempre possibile per tutti noi. Perché l’uomo non si condanni alla solitudine, restando in balia delle sue ossessioni, è invitato a vivere nell’alleanza offertaci da Dio, in Cristo, e non a condizionare l’alleanza ai suoi scopi, che comportano il rifiuto di quelli di Dio. Ma negli scopi di Dio sta appunto l’offerta di vita eterna, che non può provenire da noi stessi. È lo stesso spazio del dramma che si trasforma nello spazio di una vita piena, intrisa di gioia inattaccabile, allorché Dio e l’uomo si incontrano, esperienza sempre misteriosa e imprevedibile.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

 

Prima Lettura  Gs 24, 1-2.15-17.18b

Dal libro di Giosuè

 

In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele a Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».

Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati.

Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 33

Gustate e vedete com'è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino.

 

Gli occhi del Signore sui giusti,

i suoi orecchi al loro grido di aiuto.

Il volto del Signore contro i malfattori,

per eliminarne dalla terra il ricordo.

 

Gridano e il Signore li ascolta,

li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,

egli salva gli spiriti affranti.

 

Molti sono i mali del giusto,

ma da tutti lo libera il Signore.

Custodisce tutte le sue ossa:

neppure uno sarà spezzato.

 

Il male fa morire il malvagio

e chi odia il giusto sarà condannato.

Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;

non sarà condannato chi in lui si rifugia.

 

Seconda Lettura  Ef 5, 21-32

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso.

Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.

Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.

Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

 

Vangelo  Gv 6, 60-69

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».