Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo Ordinario

 

XVII  Domenica

(26 luglio 2015)

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2 Re4,42-44;  Sal 144;  Ef 4,1-6;  Gv 6,1-15

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Per il brano della moltiplicazione dei pani la liturgia preferisce seguire il racconto di Giovanni invece che quello di Marco letto nel ciclo B. Il testo di Giovanni non solo narra il miracolo, ma ne svela il suo contenuto simbolico e lo commenta con un lungo discorso di Gesù, discorso che la liturgia riprenderà per esteso nelle domeniche successive.

La colletta ci colloca immediatamente nella comprensione eucaristica del brano: “O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello spirito”.

La rivelazione di Gesù che l’evangelista vuole presentare è ottenuta sovrapponendo il racconto del miracolo con la trama della storia di Israele e la celebrazione liturgica dell’eucaristia della chiesa. La moltiplicazione dei pani per sfamare la gente (cfr. 2Re 4,42-44) è un gesto messianico e la folla sente giusto, anche se poi interpreterà male. Molti particolari, soprattutto nel testo di Mc 6,30-44, proiettano una luce speciale. Siamo nel deserto, prossimi alla festa della Pasqua, in un luogo con tanta erba, in occasione di un pasto, con una disposizione particolare dei partecipanti (a gruppi di cento e cinquanta). Sono tutte allusioni all’organizzazione del popolo nel deserto secondo i racconti del Pentateuco, specialmente in occasione della conclusione dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo. È lui, Gesù, come ribadirà nel suo discorso, il vero Pane disceso dal cielo che nutre e dà la vita, che ristora e dà riposo, nel quale celebrare la definitiva Alleanza tra Dio e il suo popolo. Gli accenni al raccogliere gli avanzi valgono a sottolineare la sovrabbondanza di grazia di questa alleanza, data a tutti, oltre la quale non c’è nulla di significativo che possa colmare i desideri degli uomini. I verbi usati per descrivere il miracolo (prese, benedisse, spezzò e diede) sono i verbi caratteristici della celebrazione eucaristica.

Il brano è percorso da dinamiche sotterranee che danno al messaggio tutta la sua consistenza specifica. Anzitutto, a dispetto della grandiosità dell’evento, l’azione di Gesù è presentata sotto la cifra del fallimento, come sottolineerà la finale del brano. Gesù dovrà cambiare strategia: le folle non possono comprendere il suo messaggio. Rivolgerà allora le sue cure ai discepoli più stretti, accompagnandoli ad entrare nel mistero della sua persona e dell’opera di Dio. Gesù aveva operato il miracolo come segno perché i cuori si potessero aprire a cogliere il Dono di Dio, che era lui. La gente però reagisce interessata, vede soltanto ciò che si aspetta e pensa di veder realizzati i propri sogni di liberazione politica. E Gesù deve sottrarsi. Gesù aveva annunciato parole di vita, ma la conclusione in bocca alla folla sarà: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60). Solo Pietro, che pur avverte il malessere, si rafforza ancor più nella sua fede e proclama: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69). Ancora non comprende, ma alla fede del suo cuore il mistero sarà rivelato e diverrà, con i suoi compagni, annunciatore a tutti del segreto di Dio: Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio Unigenito … E rammentando un altro passo del vangelo, potremmo dire che effettivamente troviamo se cerchiamo ma non troveremo quello che cerchiamo. Se la grazia è grazia, vuol dire che non è semplicemente in funzione dei nostri desideri, sebbene sia proprio la grazia a colmare davvero i nostri desideri.

 

Caratteristica la modalità con cui Gesù opera il miracolo: Gesù non crea i pani, li moltiplica solo. Un’altra volta si era trovato alle prese con la fame e si era sentito provocare: “Se tu sei Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane” (Mt 4,3). Ora non è più lui ad avere fame, è la gente, ma la posta in gioco non cambia. Ecco un’altra dinamica sotterranea: Dio agisce in condivisione profonda con l’umanità degli uomini. Non agisce da prestigiatore o da illusionista, non vuole catturare o soggiogare nessuno: il miracolo è in funzione del suo mistero, capace di parlare al cuore dell’uomo, di suscitare la sua libertà e la sua condivisione, in termini umani. Dio moltiplica quel poco di noi che possiamo presentare, senza sostituirsi a noi, senza comprarci. E volere che crei in noi la grazia, quando rifiutiamo di affidargli quel poco che siamo, sarebbe come condannarci alla delusione sicura. Nello stesso contesto si situa la collaborazione degli uomini all’opera di Dio. Gesù non ha solo bisogno dei cinque pani e due pesci del ragazzo, ma anche della collaborazione dei discepoli che distribuiscono il cibo moltiplicato, che raccolgono gli avanzi, che collaborano alla gioia di Dio e degli uomini. È il mistero della Chiesa, il segreto della potenza evangelica dell’amore fraterno. Anche questo è un aspetto dell’agire di Dio in condivisione dell’umanità degli uomini.

Nella stessa azione di Gesù si evidenzia anche un’altra dinamica, quella che corre tra l’offerta della parola e l’offerta di cibo. Gesù si era sentito commosso davanti a tutta quella gente, aveva cercato di insegnare loro tante cose, aveva rivolto loro una parola vera, di consolazione, di ristoro, di salvezza. Come avrebbe potuto non preoccuparsi della loro fatica, della loro fame? Annunciare così una parola vera a qualcuno significa nello stesso tempo farsi carico dei suoi bisogni, significa condividere quello che si ha e creare spazi di condivisione sempre più allargati. Senza questo risvolto, cadrebbe anche la verità del nostro parlare perché sarà mai possibile annunciare il vangelo a qualcuno, se questo qualcuno non ci diventa caro? E una persona ci può essere cara se non ci facciamo carico dei suoi bisogni? Tutt’altra questione è poi considerare l’esito di questo farsi carico. Gesù sapeva dell’insuccesso a cui andava incontro, ma non si sottrae al miracolo della moltiplicazione dei pani, come non si era sottratto all’annunzio della parola. Quello che fa da fondamento al suo agire, come anche all’agire poi dei suoi discepoli quando sarà loro rivelato il segreto di Dio, ce lo descrive il testo della lettera agli Efesini proclamando l’opera dell’amore di Dio che si esprime nel mistero della fraternità : “un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,6). L’uomo evangelico persegue quell’unico mistero, affigge i suoi sguardi su quell’unico punto, ragione del vivere la sua chiamata alla fede nel Figlio di Dio, dato per noi, per cui “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità”, sostiene (= ha pazienza con) sé e tutti, contemporaneamente, perché quel mistero sia finalmente rivelato ai cuori.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

 

Prima Lettura  2 Re 4, 42-44

Dal secondo libro dei Re

 

In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.

Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».

Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 144

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza.

 

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa

e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.

Tu apri la tua mano

e sazi il desiderio di ogni vivente.

 

Giusto è il Signore in tutte le sue vie

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,

a quanti lo invocano con sincerità.

 

Seconda Lettura  Ef 4, 1-6

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

 

Vangelo  Gv 6, 1-15

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.

E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.