Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Solennità e feste

 

Dedicazione della Basilica Lateranense

(9 novembre 2014)

 

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Ez 47,1-2.8-9.12;  Sal 45;  1Cor 3,9c-11.16-17;  Gv 2,13-22

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La colletta così fa pregare: “O Padre, che prepari il tempio della tua gloria, con pietre vive e scelte, effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito …”. Ora, la gloria di cui attendiamo la piena manifestazione e che forma il contenuto della visione nella fede non è che lo splendore dell’amore di Dio per l’uomo che ha in Gesù la sua cifra assoluta. La figura del tempio esprime il luogo di quello splendore, che però non si riferisce a un luogo di pietra, ma a un corpo vivo, alla Chiesa di Dio, a quella comunione viva e di viventi in Cristo. La festa di oggi rivive la dimensione mistica dell’immagine del tempio nella sua valenza ecclesiale. La basilica lateranense, chiesa fatta costruire a Roma da Costantino sotto il pontificato di Silvestro I (314-335), di cui si celebra oggi la dedicazione, è venerata come madre di tutte le chiese, essendo la chiesa cattedrale del vescovo di Roma, segno di unità per tutta la Chiesa. Pietro è colui che conferma i suoi fratelli nella fede, cioè nella visione di quello splendore dell’amore di Dio che in Gesù rifulge e ci viene comunicato con il dono del suo Spirito, Spirito di unità e di comunione.

Il canto al vangelo riprende l’immagine del tempio ma sottolineando l’opera di Dio di elezione e cura dei suoi figli fino a che risplendano della gloria del suo amore: “Io mi sono scelto e ho consacrato questa casa perché il mio nome vi resti sempre”. Sono le parole del Signore a Salomone dopo la consacrazione del tempio di Gerusalemme come riportato nel secondo libro delle Cronache (7,16). Ma al tempio si andava per rinnovare l’esperienza dell’alleanza di Dio con il suo popolo. E Gesù, che di quell’esperienza rappresenta la testimonianza più vivida, freme al vedere come ormai il tempio non risponda più allo scopo, consapevole, da parte di Dio, che è venuto il tempo di indicare il nuovo tempio, quello definitivo, non costruito dalle mani dell’uomo, dove la presenza di Dio in mezzo al suo popolo potesse risplendere con un sigillo di radicalità e di definitività non più passibile di cambiamenti. Gesù scaccia dal tempio venditori e cambiavalute a sottolineare la rivelazione che di lì a poco porterà: il nuovo tempio sarà il suo stesso corpo, dove non c’è mercato di sorta perché nulla è richiesto all’uomo se non l’accoglienza dell’offerta del Suo amore, sigillato dalla sua morte gloriosa, come dichiarerà l’evangelista Giovanni. La caratteristica del nuovo tempio è che non c’è più il velo a impedire l’entrata nel Santo dei Santi. Con la morte di Gesù il velo è squarciato; il che significa che l’intimità del Padre è ormai aperta, accessibile, proprio attraverso quella ferita da cui sgorga acqua e sangue, segni della vita nuova, della vita vera, della vita incorruttibile dell’amore di Dio che si comunica all’uomo e lo rende suo intimo.

È caratteristico il fatto che l’espressione di Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2,19) sia ripresa come accusa e scherno ai piedi della croce: “Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!” (Mc 15,29). Sarà l’ultima richiesta di segno: scendere dalla croce! Ogni richiesta di segno nell’ottica della potenza rivela la cecità del cuore di fronte all’agire di Dio. Gesù non scenderà dalla croce per convincere: se l’amore non convince, non c’è potenza che lo possa ottenere. La conseguenza sarà che il luogo della presenza di Dio nel mondo oramai è l’umanità: Dio risplende nell’umanità. E tutti i comandamenti sono in funzione di far risplendere quella umanità. L’amore di Dio per l’uomo è così radicale da far rivelare la Sua gloria solo a partire da e dentro l’umanità. Qui è racchiuso tutto il mistero dell’amore di Dio e della salvezza dell’uomo.

In tal senso si comprende allora come il cuore dell’uomo sia il luogo dell’adorazione del Dio vero, perché da lì può risplendere l’umanità. Le azioni buone provengono dallo splendore del cuore e lo splendore del cuore proviene dal riconoscimento dell’amore di Dio per noi. Solo così il nostro cuore non è più luogo di mercato, dove prevalgono interessi  e contraffazioni. Non è cosa così agevole da vivere per l’uomo che patisce lo scandalo e la stoltezza della croce. Ma se l’uomo fa fede all’amore di Dio, che in Gesù splende nella sua umanità, vilipesa e gloriosa, allora riuscirà ad abbandonare anche quella miriade di presunzioni e rivendicazioni che lo tormentano nella vita e che rendono i rapporti così difficili, impedendo all’umanità di risplendere.

La festa di oggi sottolinea la dimensione ecclesiale della nostra fede in Gesù. Abbiamo forse dimenticato che la bellezza della fede alla quale siamo stati generati non parla primariamente della tensione del nostro cuore, ma dello splendore della santità della Chiesa che riverbera nel nostro cuore. Parla cioè di un’esperienza di vita che ci precede e ci accompagna e che ci viene partecipata. Faremmo fatica oggi a sottoscrivere le parole di un antico prefazio ambrosiano per la festa della dedicazione della chiesa cattedrale: “Il Signore Gesù ha reso partecipe la sua Chiesa della sovranità sul mondo che tu gli hai donato e l’ha elevata alla dignità di sposa e regina. Alla sua arcana grandezza si inchina l’universo perché ogni suo giudizio terreno è confermato nel cielo. La Chiesa è la madre di tutti i viventi, sempre più gloriosa di figli generati a te, o Padre, per virtù dello Spirito Santo. È la vite feconda che in tutta la terra prolunga i suoi tralci e, appoggiata all’albero della croce, s’innalza al tuo Regno. È la città posta sulla cima dei monti, splendida agli occhi di tutti, dove per sempre vive il suo Fondatore”.

Riferirsi alla fede della Chiesa significa intuire il mistero della sua santità. Santità, che non parla primariamente di noi, ma del dono di Dio che ci raggiunge e ci costituisce, segno perenne dell’alleanza di Dio con l’umanità che nulla e nessuno potrà mai distruggere, come l’antifona di ingresso canta secondo la visione dell’Apocalisse: “Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, preparata come una sposa adorna per il suo sposo”. È l’umanità intrisa della santità di Dio che splende di tutto l’amore che l’ha concepita. Di quella visione la festa di oggi è portatrice.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Ez 47,1-2.8-9.12

Dal libro del profeta Ezechiele

 

In quei giorni, [ un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, ] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro.

Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 45

Un fiume rallegra la città di Dio.

Dio è per noi rifugio e fortezza,

aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.

Perciò non temiamo se trema la terra,

se vacillano i monti nel fondo del mare.

 

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,

la più santa delle dimore dell’Altissimo.

Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.

Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.

 

Il Signore degli eserciti è con noi,

nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.

Venite, vedete le opere del Signore,

egli ha fatto cose tremende sulla terra.

 

Seconda Lettura  1 Cor 3,9c-11.16-17

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, voi siete edificio di Dio.

Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.

Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

 

Vangelo  Gv 2,13-22

Dal vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.

Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.

Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».

I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.