Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Tempo di Avvento

 

IV  Domenica

(22 dicembre 2013)

 

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Is 7,10-14;  Sal 23;  Rm 1,1-7;  Mt 1,18-24

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La liturgia di oggi proclama che l’Emmanuele, il Dio-con-noi, è il segno di Dio per noi. L’aspetto misterioso dell’evento è descritto con la profezia di Isaia: “Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore” (Is 45,8), ripresa dall’antifona di ingresso. Il testo è riportato secondo la versione della Volgata che attualizza messianicamente il testo ebraico più generico che parla solo di giustizia e di salvezza. L’allusione più diretta è all’imminente nascita di Gesù dal grembo della Vergine.

Ma la colletta allarga questa allusione anche alla terra del nostro cuore invitata a far nascere il Verbo della vita:   “… concedi anche a noi di accoglierlo e generarlo [= Verbo della vita] nello spirito, con l’ascolto della tua parola, nell’obbedienza della fede”. Come è possibile che uno contemporaneamente scenda dall’alto e germogli dal basso? È appunto il mistero dell’agire divino che il profeta fa risaltare e che vale anche per noi. Non bisogna dimenticare che, in termini spaziali, ‘alto’ e ‘dentro’ alludono alla stessa regione, in contrapposizione a ‘basso’ e ‘fuori’. La grazia proviene dall’alto e agisce dal di dentro, mentre il peccato viene dal basso e agisce dal di fuori. Dio, non semplicemente viene vicino a noi, ma germoglia dalla nostra umanità. Ciò significa che Dio è più intimo a noi di noi stessi; che Dio costituisce il senso della nostra stessa umanità. Viene dal cielo e germoglia dalla terra, come segno dell’azione di salvezza di Dio per l’uomo: “Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. All’uomo sarebbe stato impossibile perfino immaginare un segno di tal genere, benché quel segno compia finalmente i suoi desideri più profondi. Dio sopravanza sempre la sua creatura, ma nella linea del desiderio della sua creatura stessa.

La profezia di Isaia riguardava la continuità della discendenza dinastica davidica nel momento in cui sembrava dovesse perire. Nell’attacco a Gerusalemme da parte della coalizione siro-efraimita, agli inizi dell’VIII secolo a.C., il re Acaz si vede costretto ad appellarsi al potente impero assiro, ma gran parte dei notabili lo hanno abbandonato. Tra l’altro, Acaz aveva già sacrificato un figlio per propiziarsi futuro e prosperità, contravvenendo alla legge del Signore. Isaia richiama la fedeltà della promessa di Dio e annuncia la nascita di un figlio, l’erede al trono, invitando Acaz alla fiducia. Già la tradizione ebraica, almeno fin dal II sec. a.C., in quella nascita eccezionale, ancora attesa, ha visto la nascita verginale del Messia. L’antica tradizione cristiana ha applicato l’oracolo a Maria, la madre di Gesù, erede per eccellenza della dinastia davidica.

Il nome Emmanuele, come nome di persona, non è attestato altrove nell’A.T. e porta la promessa di salvezza. L’aspetto interessante è la ripresa di questo nome nel racconto evangelico di Matteo a spiegazione del nome di Gesù che verrà imposto al bambino secondo l’annuncio dell’angelo. L’equivalenza che ne deriva è di questo tipo: il Dio-con-noi, l’Emmanuele è il nostro Salvatore, Gesù, la salvezza consistendo nel poter godere nuovamente nella e della comunione con il proprio Dio. Il perdono dei peccati allude alla piena godibilità della comunione con il proprio Dio, nella partecipazione alla santità di Dio, che è splendore di amore per gli uomini.

Nella serie delle testimonianze a favore del Figlio di Dio che si fa uomo secondo la liturgia dell’avvento, Giuseppe è l’ultimo testimone e viene chiamato in causa proprio in rapporto alla profezia di Isaia. Paolo, nel saluto iniziale ai Romani, proclama: “… il vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne”. Quel Figlio è la buona novella di cui tutte le Scritture raccontano la promessa e si fa uomo nella linea della discendenza davidica, discendenza che Giuseppe assicura. Quando l’angelo gli appare, chiama Giuseppe ‘figlio di Davide’. Naturalmente, Giuseppe non ha più nulla della gloria mondana di una discendenza regale, e tuttavia assicura a Gesù la verità del titolo ‘Figlio di Davide’, la verità della sua regalità.

Di Giuseppe i vangeli non riportano alcuna parola; annotano solo i suoi pensieri, le sue decisioni, la sua obbedienza adorante e la sua premura per la sua sposa e il suo bambino. Entra nella gloria di Dio, che è splendore di amore per l’uomo, nella consapevolezza soltanto di permettere al Signore di realizzare le sue promesse d’amore all’umanità. Ma non sa in anticipo cosa questo gli richieda; sa solo che questo è il suo compito e in tutta obbedienza lo eseguirà, fedele in tutto e in ciò ritrovando gli aneliti supremi del suo cuore di uomo e di credente.

Giuseppe accoglie: la grazia viene dall’alto. Ma Giuseppe acconsente nella sua umanità: dalla terra germoglia il Salvatore. Così si manifesta la gloria del Dio-con-noi, che, mentre rivela la grandezza del suo amore per l’uomo, rende l’uomo capace di operare in quell’amore, tanto da indurre tutti a vedere la vicinanza di Dio. La sua vocazione può essere definita come l’accettazione del compito affidatogli in rapporto al disegno di Dio di rivelare il Suo Amore agli uomini. E la sua obbedienza si rivela nel fatto di accettare di svolgere una parte semplicemente a favore della sua sposa, dentro un disegno più grande di lui, che imparerà a decifrare lungo tutta la sua vita senza mai essere in primo piano. Così la vocazione di ciascuno di noi, nella fede, non è che quella di acconsentire a che il disegno di amore di Dio per gli uomini ci raggiunga e si manifesti e ci abiliti a diventare dei segni nell’unico Segno che rivela compiutamente il volto d’amore di Dio, Gesù Cristo, Salvatore.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 7, 10-14

Dal libro del profeta Isaia

 

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».

Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».

Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 23

Ecco, viene il Signore, re della gloria.

Del Signore è la terra e quanto contiene:

il mondo, con i suoi abitanti.

È lui che l’ha fondato sui mari

e sui fiumi l’ha stabilito.

 

Chi potrà salire il monte del Signore?

Chi potrà stare nel suo luogo santo?

Chi ha mani innocenti e cuore puro,

chi non si rivolge agli idoli.

 

Egli otterrà benedizione dal Signore,

giustizia da Dio sua salvezza.

Ecco la generazione che lo cerca,

che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

 

Seconda Lettura  Rm 1, 1-7

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

 

Vangelo  Mt 1, 18-24

Dal vangelo secondo Matteo

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.

Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.