Quinto ciclo

Anno liturgico A (2013-2014)

Tempo di Avvento

 

I  Domenica

(1 dicembre 2013)

 

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Is 2,1-5;  Sal 121;  Rm 13,11-14;  Mt 24,37-44

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Nell’ultima settimana dell’anno liturgico, la trentaquattresima, la Chiesa ci ha accompagnati con questa antifona alla comunione: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” - sono le ultime parole del vangelo di Matteo - e con la preghiera dopo la comunione: “O Dio, che in questi santi misteri ci hai dato la gioia di unirci alla tua stessa vita, non permettere che ci separiamo mai da te, fonte di ogni bene”.

La Chiesa, con l’inizio del nuovo anno liturgico, l’Avvento, quando ci invita alla vigilanza, allude alla capacità del cuore e dell’intelligenza di percepire proprio la ‘presenza’ del Signore Gesù che tutto attira a sé e al suo regno per consegnarlo nelle mani del Padre. Avvento non significa primariamente attesa, ma presenza. Il periodo liturgico dell’Avvento non è un’attesa della nascita di Gesù a Betlemme, ma la tensione a una capacità di sensazione, di intuizione cordiale della compagnia di Gesù che opera continuamente perché il suo regno conquisti i cuori e la storia. E se di attesa si parla, si tratta dell’attesa della manifestazione del Signore Gesù al nostro cuore.

La Bibbia finisce con il grido: “Vieni, Signore Gesù”, Marana tha! (Ap 22,20). L’aspetto singolare è che sia lo Spirito che la Sposa, sia Dio che l’uomo, si ritrovano accomunati dallo stesso grido, al quale fa eco la parola/promessa di Colui che è desiderato: “Sì, vengo presto”. Come tutto è stato creato per mezzo di lui e in vista di lui, così tutto è redento per mezzo di lui e in vista di lui (cfr. Col 1), tanto che tutto ciò che si vive si risolve nell’incontro del desiderio di Dio e dell’uomo perché lui venga, perché sia reso manifesto nel suo amore per noi da indurci a vivere dentro e in forza di quell’amore. La vigilanza dell’Avvento punta qui.

L’aspetto drammatico di suddetta vigilanza la liturgia lo sottolinea con questa costatazione: il Signore tarda. Nella storia tutto sembra far resistenza alla manifestazione del Signore Gesù, ma il cuore non aspira ad altro. Nel brano di vangelo di oggi l’avvertimento di Gesù segue l’annuncio degli eventi drammatici della fine quando tornerà il Figlio dell’uomo e giudicherà il mondo. L’evangelista Matteo ha già vissuto il dramma della fine con l’assedio e la caduta di Gerusalemme del 70 d.C. e sa che però non è ancora la fine. Il tempo della storia che continua, nel dramma, ha per i credenti un unico scopo: dare testimonianza a Gesù, permettere alla salvezza operata da Gesù, come dice il canto al vangelo: “Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza”, di manifestare la sua potenza nel mondo fino a che tutti se ne lascino conquistare. È ciò che proclama la visione escatologica del profeta Isaia con l’invito per tutti i popoli: “Venite, saliamo sul monte del Signore ... venite, camminiamo nella luce del Signore”. Quella tensione escatologica non costituisce tanto il finale della storia, ma la dinamica nascosta della storia, quella che fornisce il criterio di discernimento del valore dell’agire in questo mondo.

L’avvertimento di Gesù ai suoi discepoli: “Vegliate dunque” è in funzione di quella tensione escatologica, come se dicesse: non fate come al tempo di Noè quando, nonostante fosse avvertita, la gente non si avvide di nulla; scopritela, avvertitela, viveteci dentro, fatevene la ragione del vivere. E quando aggiunge ‘tenetevi pronti’ l’allusione evidente, come del resto suggeriscono le parabole del padrone che torna dalle nozze, è al servizio vicendevole perché tutti possano vedere lo splendore del regno e la manifestazione del suo amore.

In questo modo il tempo della nostra vita, il tempo dell’attesa, si apre al sogno che la colletta descrive: “O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue ve di libertà e di amore fino a contemplarti nell’eterna gloria”. Ecco il sogno, per noi stessi e per tutti: avere la possibilità concreta di vivere nella benevolenza senza antagonisti né avversari né tanto meno nemici. È la realizzazione della vocazione dell’uomo come essere per la comunione. Chi può garantire tale possibilità è quel Gesù, di cui celebreremo la venuta nella carne con il Natale.

La vigilanza a cui ci invita la liturgia è così finalizzata ad uno scopo preciso: essere in condizione di realizzare la vocazione all’umanità che il Signore Gesù vive nel suo splendore originario. Per questo san Paolo dichiara: “Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo”, per vivere la storia nella benevolenza, senza paure, tanto da essere addirittura custoditi da una armatura di luce: “indossiamo le armi della luce”. Luce, che consiste nell’assumere il principio della riconciliazione come unico fondamento dell’agire. Si esercita vigilanza nello spirito quando ci si sforza di radicarci sempre più autenticamente, sempre più profondamente, sempre più concretamente, in quella riconciliazione di cui Dio ci ha fatto dono, in Cristo, in modo da estenderla a tutto in noi e a tutti dovunque. La vigilanza ha senso nello stare fermi in quell’unico punto: se Dio ha fatto grazia di Sé a noi, allora anche noi possiamo fare grazia di noi a tutti. E così il mondo tornerà a risplendere, perché ognuno potrà sperimentare quello che dice il salmo: “il Signore si confida con chi lo teme: gli fa conoscere la sua alleanza” (Sal 24,14), da intendere, come del resto suggerisce lo stesso testo ebraico del versetto: il segreto (o l’intimità) del Signore, cioè la sua offerta di benevolenza nel dono di Sé che ci fa, vale per chi ne fa il punto fermo della sua vita e ha posto tutta l’attesa del suo cuore nel condividerne la gioia con tutti.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 2,1-5

Dal libro del profeta Isaia

 

Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.

Alla fine dei giorni,

il monte del tempio del Signore

sarà saldo sulla cima dei monti

e s’innalzerà sopra i colli,

e ad esso affluiranno tutte le genti.

Verranno molti popoli e diranno:

«Venite, saliamo sul monte del Signore,

al tempio del Dio di Giacobbe,

perché ci insegni le sue vie

e possiamo camminare per i suoi sentieri».

Poiché da Sion uscirà la legge

e da Gerusalemme la parola del Signore.

Egli sarà giudice fra le genti

e arbitro fra molti popoli.

Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,

delle loro lance faranno falci;

una nazione non alzerà più la spada

contro un’altra nazione,

non impareranno più l’arte della guerra.

Casa di Giacobbe, venite,

camminiamo nella luce del Signore.

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 121

Andiamo con gioia incontro al Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:

«Andremo alla casa del Signore!».

Già sono fermi i nostri piedi

alle tue porte, Gerusalemme!

 

È là che salgono le tribù,

le tribù del Signore,

secondo la legge d’Israele,

per lodare il nome del Signore.

Là sono posti i troni del giudizio,

i troni della casa di Davide.

 

Chiedete pace per Gerusalemme:

vivano sicuri quelli che ti amano;

sia pace nelle tue mura,

sicurezza nei tuoi palazzi.

 

Per i miei fratelli e i miei amici

io dirò: «Su di te sia pace!».

Per la casa del Signore nostro Dio,

chiederò per te il bene.

 

Seconda Lettura  Rm 13, 11-14a

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.

La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

 

Vangelo  Mt 24, 37-44

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».