Quarto ciclo

Anno liturgico C (2012-2013)

Tempo Ordinario

 

XVI  Domenica

(21 luglio 2013)

 

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Gn 18, 1-10;  Sal 14;  Col 1, 24-28;  Lc 10, 38-42

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La lettura della Genesi ed il brano di Luca sono accomunati da un atteggiamento di fondo caratteristico: la sollecitudine. Abramo corre per onorare i suoi ospiti; Marta, presa dalla stessa sollecitudine, è tutta indaffarata nei molti servizi per un'ospitalità degna dell'illustre Ospite, mentre Maria, con lo stesso atteggiamento di sollecitudine anche se in modalità differente dalla sorella, è tutta presa dall'Ospite dal quale non stacca occhi e orecchi. Da dove scaturisce quella sollecitudine? Senza cogliere la radice di quella sollecitudine, difficilmente possiamo avvertire il mistero che questi testi illustrano.

Gesù intesse l’elogio di Maria per rimproverare Marta? Cosa significa: ‘non le sarà tolta’? Semplicemente, che Gesù l’avrebbe lasciata stare ai suoi piedi e non l’avrebbe comunque importunata invitandola ad aiutare la sorella nel servizio? Il vangelo non riporta semplici annotazioni di cronaca quotidiana.

Il fulcro dell’episodio sta appunto in quel non le sarà tolta. L’allusione è al desiderio profondo del cuore dell’uomo che è fatto per Dio. L’elogio di Gesù si riferisce ad un tempo in cui sarà Lui stesso a servire i suoi discepoli (cfr. Lc 12,37). Ciò che non verrà mai meno e di cui si potrà godere in assoluto, quello è la parte buona, l’unica cosa necessaria, quello di cui c’è bisogno. In primo piano c’è Dio che viene incontro all’uomo, Dio che ristora l’uomo. La figura di Abramo, nella tradizione ebraica, allude alla medesima verità. Abramo si era lamentato con Dio perché, appena circonciso, dolorante, non avrebbe potuto soddisfare il comandamento dell’ospitalità e allora Dio stesso decide di fargli visita. La figura di Maria ai piedi di Gesù apre alla stessa visione. Ma quella visione è percepibile se il cuore avverte la natura del suo ascoltare, tutto teso a godere la verità dell’amore del suo Dio che la nutre e la ristora. Così, la sua figura è figura di ogni discepolo, la figura di ogni lettore/ascoltatore della Parola di Dio.

Quando Gesù fa l’elogio di Maria, rivela la natura vera del servizio di Marta. In effetti, due sono gli aspetti dell'ospitalità: la sollecitudine nel servizio e l’intimità con l'ospite. Dei due, la parte migliore è l'intimità, nel senso che è l'intimità la forza e la finalità della sollecitudine, la quale serve a dare concretezza all'intimità. Tutto converge verso l'intimità. Ma la domanda vera per noi può essere: posso godere l'intimità senza esser preso dalla sollecitudine? Nel rapporto tra le due sorelle, che simboleggiano tutta la chiesa considerata unitariamente nelle sue molteplici manifestazioni di doni e carismi, Maria deve ringraziare Marta: può stare con il Signore senza che il Signore sia privato del dovuto onore; e Marta può ringraziare Maria: può onorare il suo Signore senza che il Signore sia lasciato solo.

In realtà la suddivisione dei ministeri non comporta lo spezzettamento dell'unica cosa necessaria, che resta sempre la medesima per tutti, in tutte le circostanze. Quando gli apostoli hanno scelto di dedicarsi al ministero della parola e di affidare ad altri il servizio delle mense, nel racconto degli Atti degli apostoli, non hanno scelto di fare Maria piuttosto di Marta. L'esempio testimoniale dell'unica cosa necessaria è dato da Stefano, incaricato del servizio delle mense, che aveva il cuore rapito nella visione del suo Signore. L’unica cosa necessaria non è l'opera migliore fra altre; è di altra natura: il possesso di quell'unica cosa necessaria rende fruttuosa ogni opera di servizio. Fruttuosa, vale a dire capace di far sbocciare l'opera eseguita in frutto di intimità. Come a dire, ancora, che il frutto dell'agire bene non è semplicemente la virtù, ma la visione: aprire gli occhi del cuore alla conoscenza del Signore, all'unione con il Signore che davvero ristora il nostro cuore. E se il cuore è ristorato, allora, nel suo servizio ai fratelli, lascerà intravedere 'quanto è buono il Signore', quanto è desiderabile il suo possesso. In realtà, il senso stesso della sollecitudine del servizio consiste nel permettere agli altri di desiderare l’intimità col Signore, che di quel servizio è motivo e scopo.

Quando di Abramo si descrive la sua sollecitudine per gli ospiti, quello che il testo vuol far vedere è l’accondiscendenza di Dio per il suo servo, capace di tener fede alle sue promesse e di garantire al suo servo la verità della sua conoscenza, per lui e per i suoi discendenti. Le antiche leggende ebraiche non fanno che sottolineare questo aspetto nella fantasia dei particolari del racconto. Abramo è visitato da Dio il terzo giorno dopo la sua circoncisione, segno dell’obbedienza al suo Dio, quando è ancora sofferente. Il caldo era insopportabile perché nessun viandante passasse a disturbare Abramo. Ma la cosa aveva reso Abramo molto triste perché se non capitava nessuno non avrebbe potuto esercitare alcuna ospitalità.  Dio stesso decide allora di fargli visita e non vuole che nemmeno si alzi per venirgli incontro perché era sofferente, dicendogli, anzi, che i suoi discendenti, già all’età di quattro o cinque anni, staranno seduti nelle scuole e nelle sinagoghe dove Lui dimorerà. Ma quando arrivano gli angeli in veste di uomini, Abramo supplica il Signore di permettergli di andare loro incontro per offrire ospitalità, preferendola alla compagnia stessa della Sua Presenza. Tutti particolari che rivelano l’estrema accondiscendenza di Dio, percepita come la benedizione perenne sul popolo che da Abramo prende discendenza. E l’invito a Sara di impastare tre sea di farina (circa mezzo quintale, con la quale si sarebbe potuto sfamare un centinaio di persone!) allude all’altra donna del vangelo che impasta tre misure di farina con un po’ di lievito, simbolo appunto di Abramo che per la sua fede ha fatto regnare Dio in questo mondo.

Quando con l’orazione sui doni preghiamo: “ … ciò che ognuno di noi presenta in tuo onore giovi alla salvezza di tutti” intendiamo: sono graditi a Dio solo i doni che procedono e favoriscono la Sua conoscenza in questo mondo, nel concreto della storia quotidiana, retta dalla provvidenza di Dio per noi.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Gn 18, 1-10

Dal libro della Gènesi.

 

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.

Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».

Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.

Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

Salmo Responsoriale  dal Salmo 14

Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,

pratica la giustizia

e dice la verità che ha nel cuore,

non sparge calunnie con la sua lingua.

 

Non fa danno al suo prossimo

e non lancia insulti al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,

ma onora chi teme il Signore.

 

Non presta il suo denaro a usura

e non accetta doni contro l’innocente.

Colui che agisce in questo modo

resterà saldo per sempre.

 

Seconda Lettura  Col 1, 24-28

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.

Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.

A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Vangelo  Lc 10, 38-42

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.

Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.

Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».