Quarto ciclo

Anno liturgico B (2011-2012)

Tempo Ordinario

 

3a Domenica

(22 gennaio 2012)

 

_________________________________________________

Gio 3,1-5.10;  Sal 24;  1Cor 7,29-31;  Mc 1,14-20

_________________________________________________

 

Il tempo che viviamo è il tempo breve secondo Paolo: “Il tempo si è fatto breve”. È il tempo che sta dentro il tempo compiuto secondo Gesù: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”. Il che significa: è tale la gioia dell’amore salvatore di Dio, sperimentato in Gesù, che tutto il resto passa in secondo piano. Tutto in questo nostro mondo e in questa nostra storia ha valore, ma tutto va vissuto nell’ottica di quella verità, percepita come la grazia lungamente attesa e finalmente goduta. La nostra cronaca, quello che facciamo e ci succede, prende senso dalla storia che si è svelata al nostro cuore e che ne alimenta le radici di vita. Se questo tempo breve è dentro il tempo compiuto, allora vuol dire che non esiste nessun tempo della nostra vita che non sia raggiunto dalla promessa di Dio, dalla rivelazione dell’amore di Dio.

Non per nulla di questo tempo breve la dinamica significativa è espressa dalla conversione. Il brano di Giona lo illustra splendidamente ironizzando sull’ira del profeta che, conoscendo la natura misericordiosa di Dio, non vuole sia condivisa dai pagani. Il profeta, che sa come Dio sia “un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore”, secondo la rivelazione a Mosè sul Sinai, testimonia controvoglia che le premure di Dio sono estese a tutti, pagani compresi. Così che la conversione degli uomini resta fondata sulla natura compassionevole di Dio. E quando il salmo responsoriale fa pregare: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie”, non si riferisce prima di tutto alle vie che l’uomo deve percorrere per piacere a Dio, ma alla via di Dio che mostra compassione, intendendo: fa’, o Signore, che sia toccato dalla tua compassione, possa ritornare a sentire il tuo amore diventando solidale con tutti i miei fratelli, perché a tutti si rivolge la compassione di Dio.

Con l’annuncio evangelico, che esprime la potenza di Dio per la salvezza (cf. Rm 1,16), proclamando l’azione di Dio in Gesù, il convertirsi comporta essenzialmente il fidarsi del dono di Dio che è Gesù per noi. Gesù inizia la sua predicazione con le stesse parole del Battista (cf. Mt 3,2). Ma Gesù non prosegue semplicemente l’opera del Battista: il Battista esorta, mentre Gesù mostra, ecco la differenza. Il Battista presagiva la presenza del Regno e predispone a riceverlo; Gesù ne fa vedere la presenza, ne svela la potenza da parte di Dio che viene in soccorso degli uomini. Con Gesù la conversione comporta il lasciarsi invadere dalla fiducia nella promessa di Dio che si compie per noi, in lui. Il credere al vangelo comporta il ritenere Dio sufficientemente potente per compiere, in Gesù, la sua promessa per noi, capace quindi di soddisfare gli aneliti del nostro cuore. Tutto questo dobbiamo imparare a percepire nell’annuncio di Gesù.

Ciò comporta conseguentemente che la conversione si traduca in sequela di Gesù. Quello, appunto, che Marco sottolinea con la chiamata dei discepoli, figura di ogni vocazione al seguito di Gesù. Seguire il Signore fidandosi della sua promessa e lasciandosi alle spalle tutto il resto è una grande avventura che una vita intera non basta ad esaurire. Lo è stato per Pietro ed Andrea, per Giacomo e Giovanni, per gli apostoli, per i discepoli, come lo è per tutti i credenti in Cristo, di tutti i tempi.

Del resto è assai caratteristico che nel vangelo la conversione sia espressa dall’immagine del seguire Gesù. A dire il vero, spesso il testo evangelico non parla di seguire, ma più direttamente di andare dietro, di stare dietro, di mettersi dietro a Gesù. In questo, si può ancora ascoltare l’eco delle parole di Dio a Mosè: mi si può vedere solo di spalle. Quando Pietro, spaventato della predizione della passione da parte di Gesù, cercherà di distoglierlo da quella strada, si sentirà dire: stai dietro, poniti dietro, non volere stare davanti! (cf. Mc 8,37). Alla fine del vangelo di Giovanni, dopo che Gesù gli ha predetto che avrebbe sofferto il martirio per lui, Pietro si sente ancora dire: vienimi dietro. In quel venire dietro a, in quel camminare dietro a sta il godimento della promessa di Dio che ha raggiunto l’uomo. Non sta tanto lo sforzo di seguire il Signore, ma la percezione di una rivelazione che si dispiega al cuore dell’uomo. A quella percezione tende la conversione, se vogliamo che si traduca in speranza di vita, come ci indica la preghiera dopo la comunione: “fa che ci rallegriamo sempre del tuo dono, sorgente inesauribile di vita nuova”. Nuova, non nel senso di cambiata, ma pescante in quella novità di vita che ci viene dal Signore Gesù, che ci ha fatto conoscere l’amore di Dio per i suoi figli.

Se il compito degli apostoli sarà quello di annunciare al mondo il vangelo di Dio, dire di Gesù che annuncia il vangelo di Dio significa voler collocare i discepoli nella continuità con Gesù. Così, cantare con il salmo responsoriale: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie”, significa prima di tutto domandare che anche al nostro cuore si sveli la possibilità di conoscere l’amore salvatore di Dio in Gesù; significa domandare di cogliere la rivelazione di Gesù e indurci a seguirlo come gli apostoli in modo da godere della potenza di salvezza del suo vangelo, potenza che non concerne soltanto noi, ma tutto il mondo. Gli apostoli non sono stati chiamati semplicemente alla sequela di Gesù, ma alla sequela di Gesù che è inviato a portare a tutti la salvezza e la consolazione – è il senso di quel: vi farò pescatori di uomini -. Per gli apostoli come per noi, seguire Gesù dice soprattutto tutta l’intimità di vita con lui che ci ha conquistati, intimità così incontenibile che non può ripiegarsi su se stessa ma continuamente si traduce in condivisione della misericordia di Dio per l'umanità.

 

§^§^§

 

I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Gio 3, 1-5. 10

Dal libro del profeta Giona

 

Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Alzati, va' a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore.

Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta».

I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 24/25

Fammi conoscere, Signore, le tue vie.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,

insegnami i tuoi sentieri.

Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,

perché sei tu il Dio della mia salvezza.

 

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia

e del tuo amore, che è da sempre.

Ricòrdati di me nella tua misericordia,

per la tua bontà, Signore.

 

Buono e retto è il Signore,

indica ai peccatori la via giusta;

guida i poveri secondo giustizia,

insegna ai poveri la sua via.

 

Seconda Lettura  1 Cor 7, 29-31

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

 

Vangelo  Mc 1, 14-20

Dal vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.