Quarto ciclo

Anno liturgico B (2011-2012)

Tempo Ordinario

 

16a Domenica

(22 luglio 2012)

 

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Ger 23,1-6;  Sal 22;  Ef 2,13-18;  Mc 6,30-34

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L’immagine che fa da sfondo a tutta la liturgia di oggi è quella del pastore. Nel brano di Geremia Dio rimprovera i cattivi pastori perché non hanno cura delle sue pecore e promette che lui stesso si incaricherà di pascere le sue pecore. Il salmo responsoriale riprende quella promessa di Dio e la mostra compiuta nell’anima: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Il brano di vangelo, a sua volta, mostra in Gesù colui che adempie quel desiderio di Dio tanto che diventa lui stesso il ‘buon pastore’.

Il vangelo annota che Gesù davanti alla moltitudine ‘ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore’. Il brano fa parte del racconto della missione degli apostoli, racconto che era iniziato proprio con l’annotazione che Gesù ‘sentì compassione’ (cfr Mt 9,36) e si chiude con l’annuncio eucaristico, simboleggiato dal miracolo della moltiplicazione dei pani, introdotto con la commozione di Gesù davanti alle folle. La compassione di Gesù per l’umanità è alla radice della sua missione sia come rivelatore del Padre che come salvatore. In essa prendono senso e valore tutti i suoi gesti e le sue parole, come anche tutte le parole e le opere di Dio lungo la storia sacra.

Per il nostro cuore è estremamente importante riuscire a percepire almeno gli echi di quella compassione. E se Gesù prova compassione è perché sa che può dire: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). E ancora perché sa che il cuore dell'uomo cerca il ristoro e se non lo trova è perché si illude di trovarlo fuori di Lui. Così quando, mosso dalla sua compassione, Gesù invita i discepoli a pregare perché il Padre mandi operai nella sua messe, fa pregare non solo perché mandi tanti operai, ma soprattutto perché ne mandi di quelli che si muoveranno spinti dalla stessa sua compassione. Gli operai che lavorassero in questa messe immensa, senza essere il riflesso di questo amore e di questa compassione, non favorirebbero il ristoro del cuore degli uomini. Ma come diventare il riflesso dell' amore e della compassione di Dio per gli uomini senza la preghiera? Per questo Gesù fa pregare, trattiene in disparte gli apostoli, li tiene in sua compagnia.

Un particolare del brano apre orizzonti insospettati. Quando Gesù invita in disparte gli apostoli, lo fa perché si riposino un poco. L’accenno al riposarsi è misterioso. Si tratta dello stesso termine che ricorre nell’affermazione di Gesù: “Venite a me … e io vi darò ristoro... e troverete ristoro”. Quel ‘ristoro/riposo’ corrisponde al movimento della sua compassione che viene incontro all’uomo perché l’uomo, agitato, tormentato, sfinito, finalmente si riposi. Ma esso pesca nel riposo di Dio il settimo giorno della creazione, riposo che viene ripreso dal salmo responsoriale. Gli antichi rabbini hanno pensato che vi fu un atto di creazione anche il settimo giorno: “Che cosa è stato creato il settimo giorno? La ‘menuchà’, la tranquillità, la serenità, la pace e il riposo” (Cfr Gen Rabbà, 10, 9). È lo stato in cui non vi è contesa né lotta, né paura né diffidenza; è felicità, pace e armonia; vita nel mondo futuro, vita eterna. Quando nel salmo si proclama: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce” (Sal 23,1-2) si allude proprio alle acque di ‘menuchoth’. Stessa allusione che troviamo nelle parole del Signore Gesù quando dice ai suoi discepoli: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-31). Vi darò ristoro = vi farò riposare; sarò la vostra felicità, pace, riposo. L’umiltà/mitezza che lo definisce costituisce la cifra della luce della santità di Dio che si riversa sul mondo e che abilita a quello sguardo capace di cogliere il mondo nel suo insieme.

È singolare che Gesù inviti i discepoli a starsene in disparte, a cercare un luogo solitario per riposare e che contemporaneamente si trovino davanti una folla numerosa della quale Gesù ha compassione. Quando i discepoli annunceranno il regno di Dio non faranno che far arrivare ai cuori l'eco di quella 'compassione', di quella 'profonda commozione' di Gesù, buon pastore, mandato a riunire i figli di Dio dispersi. L'annuncio che non provenga dalla condivisione, dalla solidarietà con quella 'compassione' sarà piatto e ripetitivo e non toccherà i cuori. D'altra parte, se i discepoli non impareranno a starsene in disparte con il loro Signore, non sentiranno la profondità di quella 'compassione' e non potranno annunciare 'con potenza' il regno di Dio. La vivacità, la vitalità, nel senso che porta vita, della parola di Dio trova qui le sue radici. D’altronde è la stessa dinamica dei doni di Dio, della stessa elezione del popolo, dei discepoli, dei ministri nella chiesa. Essere scelti dal Signore non è in funzione di un privilegio, ma di una intimità per farsi eco presso tutti di quella 'compassione' che tutti raggiunge, perché non si dà pace finché uno solo resti escluso.

Inviando gli apostoli in missione, Gesù li aveva forniti delle stesse sue prerogative: ‘scacciare i demoni, guarire ogni malattia e infermità’. Nessuno può proclamare la verità della vita a titolo proprio, come nessuno può procurare ristoro al cuore degli uomini a titolo proprio. La verità e il ristoro che essa procura procedono dall'alto, esprimono la compassione di Dio che raggiunge il cuore degli uomini, in Cristo. E se il discepolo non lascia intravedere chiaramente tale rimando, non è un 'chiamato', un 'inviato', lavora per la sua gloria e non potrà sanare nessuno. Così avverrà quando dirà agli apostoli di dare da mangiare a una folla sterminata, tema della liturgia di domenica prossima.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Ger 23, 1-6

Dal libro del profeta Geremìa

 

Dice il Signore:

«Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore.

Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore.

Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –

nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,

che regnerà da vero re e sarà saggio

ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.

Nei suoi giorni Giuda sarà salvato

e Israele vivrà tranquillo,

e lo chiameranno con questo nome:

Signore-nostra-giustizia».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 22

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia.

 

Mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.

Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro

mi danno sicurezza.

 

Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca.

 

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore

per lunghi giorni.

 

Seconda Lettura  Ef 2, 13-18

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

Egli infatti è la nostra pace,

colui che di due ha fatto una cosa sola,

abbattendo il muro di separazione che li divideva,

cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.

Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,

per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,

facendo la pace,

e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,

per mezzo della croce,

eliminando in se stesso l’inimicizia.

Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,

e pace a coloro che erano vicini.

Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,

al Padre in un solo Spirito.

 

Vangelo  Mc 6, 30-34

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.

Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.