Quarto ciclo

Anno liturgico A (2010-2011)

Tempo Ordinario

 

9a Domenica

(6 marzo 2011)

 

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Dt 11,18.26-28.32;  Sal 30;  Rm 3,21-25a.28;  Mt 7,21-27

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Con il brano di oggi termina il grande discorso della montagna, che Matteo sigilla con l’annotazione: “Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi”.

Il brano di oggi suona come la conclusione che ha il valore di suggerire l’atteggiamento interiore appropriato per l’ascolto di tutto il lungo discorso precedente: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Sono parole che sentiremo emergere dal fondo del cuore allorquando ci troveremo, insieme a tutti i nostri fratelli, senza distinzione alcuna, alle porte del regno dei cieli davanti al Signore giudicante. Verrà svelato il segreto dei cuori, senza più possibilità di darla a intendere. La parabola del giudizio finale riportata in Matteo 25 dice la stessa cosa. Quelle parole servono ora come discriminante per la sincerità del servizio divino di fronte alla parola di Dio che risuona sulle labbra di Gesù e in tutte le Scritture: si ascolta per fare e si fa per ascoltare.

Nella tradizione ebraica, nella quale si inserisce la parabola di Gesù della casa costruita sulla roccia o sulla sabbia, si spiegava la cosa in questi termini: “Colui le cui opere superano la sua sapienza, la sua sapienza si mantiene. Ma colui la cui sapienza supera le sue opere, la sua sapienza non si mantiene” (Detti dei Rabbini, III, 11). Chiunque accoglie la Parola con l’intenzione di metterla in pratica, nel momento stesso in cui l’accoglie con questa intenzione, è come se l’avesse messa in pratica. Proprio come sottolinea il libro dell’Esodo: “Faremo e ascolteremo” (Es 24,7) e non ‘ascolteremo e poi faremo’, cosa di per sé più logica. E si aggiunge che quando le opere dell’uomo superano la sua sapienza, il suo desiderio di sapienza  è più grande della sapienza che ha, ed egli si trova ogni giorno ad accrescere il suo sapere. Ma se la sua sapienza supera le sue opere, il suo desiderio di sapienza è inferiore alla sapienza che ha, e così il suo sapere diminuisce costantemente.

Ascoltare per mettere in pratica: questo è l’atteggiamento adatto all’ascolto della parola di Dio. La si comprende se ci accetta in anticipo di metterla comunque in pratica; diversamente, il suo segreto resta velato ai nostri occhi e non alimenterà la vita del nostro cuore. Siamo salvati per la fede, ma saremo riconosciuti sinceri nella nostra fede solo per la carità. E la carità, che corrisponde a quella ‘volontà del Padre’ di cui parla Gesù, è la misericordia verso il prossimo, vera discriminante dell’autenticità della fede nel Signore Gesù. È interessante osservare che nella parabola di Gesù l’uomo che costruisce sulla roccia è un uomo ‘saggio’, mentre chi costruisce sulla sabbia è un uomo ‘stolto’. Sono gli stessi aggettivi che vengono usati per le dieci vergini, cinque sagge e cinque stolte. La differenza è data dalla presenza o meno della misericordia verso il prossimo nel nostro credere al Signore.

Così, resta illuminante il canto al vangelo come porta di accesso al brano evangelico: “Io sono la vite, voi i tralci, dice il Signore; chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto” (Gv 15,5). L’esperienza delle fede nel Signore Gesù è autentica nella misura in cui, restando una cosa sola con lui, partecipiamo di quella dinamica di carità che l’ha mosso a dare la vita perché sia riscattata la dignità degli uomini e il mondo creda all’amore del Padre. Ripetere o cercare di comprendere le sue parole senza partecipare alla dinamica interiore, vale a dire all’amore che le ha fatte proferire e di cui vivere nella relazione con i nostri fratelli, vuol dire fallire lo scopo stesso della fede.

Di questo ci avverte Gesù alla fine del suo programmatico discorso della montagna, che la gente percepisce nella sua novità di autorevolezza. Autorevolezza, che sarà sigillata sulla croce, quando la sapienza dell’uomo verrà meno per far posto alla misteriosa rivelazione di Dio. Se il cuore non facesse spazio a questa rivelazione (questo significa, in fondo, ‘faremo e ascolteremo’), vorrebbe dire che l’uomo pretenderebbe di introdurre Dio nella sua mente, cioè si creerebbe il suo idolo più grande. Non è l’uomo a salvarsi con il ‘dio’ che adora, ma è Dio che salva l’uomo se acconsente alla rivelazione del suo amore, che si traduce nella responsabilità di cura e premura verso i fratelli più deboli perché così è esaltato l’amore del Signore che salva.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Dt 11, 18. 26-28

Dal libro del Deuteronomio

Mosè parlò al popolo dicendo:

«Porrete nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi.

Vedete, io pongo oggi davanti a voi benedizione e maledizione: la benedizione, se obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio, che oggi vi do; la maledizione, se non obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio, e se vi allontanerete dalla via che oggi vi prescrivo, per seguire dèi stranieri, che voi non avete conosciuto.

Avrete cura di mettere in pratica tutte le leggi e le norme che oggi io pongo dinanzi a voi».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 30

Sei tu, Signore, per me una roccia di rifugio.

In te, Signore, mi sono rifugiato,

mai sarò deluso;

difendimi per la tua giustizia.

Tendi a me il tuo orecchio,

vieni presto a liberarmi.

 

Sii per me una roccia di rifugio,

un luogo fortificato che mi salva.

Perché mia rupe e mia fortezza tu sei,

per il tuo nome guidami e conducimi.

 

Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,

salvami per la tua misericordia.

Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,

voi tutti che sperate nel Signore.

 

Seconda Lettura  Rm 3, 21-25a. 28

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, ora, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono.

Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. È lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue.

Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.

 

Vangelo  Mt 7, 21-27

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.

Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».