Quarto ciclo

Anno liturgico A (2010-2011)

Tempo Ordinario

 

22a Domenica

(28 agosto 2011)

 

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Ger 20, 7-9;  Sal 62;  Rm 12,1-2;  Mt 16,21-27

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Il brano di vangelo di oggi va ascoltato come continuazione di quello della domenica precedente. Gesù ha preso così sul serio la confessione di Pietro che decide di svelare il suo mistero. Pietro, però, non comprende e si prende il rimprovero di Gesù. E quando Gesù, subito dopo, invita i discepoli a rinnegare se stessi, prendere la croce e seguirlo, non fa che estendere a tutti il rimprovero rivolto a Pietro.

Potremmo intendere le cose così. Pietro, nel rimproverare Gesù, aveva probabilmente temuto per sé. Se Gesù, confessato come il Messia, avesse dovuto patire e morire ignominiosamente, certamente sarebbe svanito il prestigio dell’essere ‘compagno’ del Messia. E allora che ne sarebbe stato di lui? Il ‘rinnegare se stessi’ vale in rapporto al mistero di Dio che in Gesù si fa prossimo agli uomini per la potenza del suo amore tanto da far scaturire la vita proprio là dove gli uomini mai la cercherebbero. Se gli uomini pensano in prospettiva mondana come potranno vedere i segreti di Dio? La rinuncia a ogni prospettiva mondana è la condizione per accogliere il mistero di Gesù che sulla croce rivela lo splendore dell’amore, motivo di ogni rinuncia a qualsiasi cosa che non sia collegabile o derivante da quell’amore. D’altronde qui risiede tutta la dignità della vita. Ma, per quanto desiderabile, come resta velata ai nostri occhi! Siamo sempre nella condizione di dover essere istruiti dall’alto per afferrare la verità dell’umanità di Gesù consegnata agli uomini e scoprire vero per noi e per tutti lo splendore dell’amore. Così il portare la croce non si riferisce primariamente alla fatica del vivere, ma alla condizione perché la fatica del vivere risulti fruttuosa: la rinuncia ad ogni prospettiva mondana ci apre alla rivelazione dell’amore di Dio nella nostra vita, amore che possiamo cogliere in tutto il suo splendore proprio nella croce di Gesù. Seguire Gesù significa essere partecipi di questa rivelazione fino a viverla nel concreto della propria vita per dare spazio alla stessa dinamica di amore.

La rinuncia ad ogni prospettiva mondana corrisponde al fatto di seguire il Signore o, nel linguaggio dell’AT, al fatto di servirlo. La sottolineatura di senso è la seguente: imparare a custodire il cuore nella sua promessa e a godere della sua rivelazione perché la vita torni bella e desiderabile sempre.

È per questa visione e dentro questa potenza che san Paolo, nella sua lettera ai Galati, proclama: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). Come a dire: rispetto a quell’amore, rivelato dall’alto e colto nel seguire il Signore Gesù, di cui ho avuto la visione nel guardarlo trafitto in croce, non c’è nulla nel mondo che meriti la preferenza e non c’è nulla in me che può trovare adeguato compimento a partire dal mondo. La preghiera della chiesa tende a rendere vivace per il nostro cuore tale verità.

Va notato però che Gesù può svelare la ‘necessità’ della sua passione dopo la promessa di beatitudine. Pietro è proclamato beato perché ‘piccolo’, cioè nella disposizione di accogliere e non di suggerire; è chiamato ‘satana’ perché si fa grande: vuole suggerire, vuole stare davanti, vuole condurre. E Gesù lo rimprovera: “Va’ dietro a me”, eco dell’invito di Dio all’uomo in tutte le Scritture a seguirlo, ad ascoltarlo [Dio dice a Mosè: “Vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere” (Es 33,23)]. Prima è chiamato pietra di fondazione, poi pietra di scandalo, perché non esiste altro fondamento se non Gesù (cfr. 1 Cor 3,11; 1 Pt 2).

Quando Gesù spiega ai discepoli che lui ‘dovrà’ molto soffrire, non intende illustrare nessuna ragione misteriosa, ma più semplicemente e più direttamente intende implicarli nella rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo. Per Gesù, che parla secondo la lingua delle Scritture, si tratta di reinterpretare tutte le Scritture in modo globale, si tratta di realizzarle nella loro tensione di rivelazione dell’amore salvatore di Dio per l’uomo in ragione di quel sigillo ultimativo che lui costituisce quanto all’azione di Dio nel mondo. Da parte nostra, la resistenza ad accogliere la portata rivelativa di quel ‘è necessario’, detto da Gesù e aperto ad essere condiviso dai suoi discepoli, indica tutta la distanza tra il sogno di un amore e la concretezza nel viverlo.

L’anelito del salmo lo esprime a meraviglia: ‘il tuo amore vale più della vita’ e ‘a te si stringe l’anima mia’. A questo alludono le parole di Gesù sul rinnegamento, sul portare la croce. Non è la vita il valore supremo, tanto meno la mia vita, ma l’amore di Qualcuno che attraversa la mia vita e rende la vita degna di essere donata, condivisa, perché la vita possa risplendere in me e in tutti. È quanto mai ‘realistica’ l’affermazione di Gesù: “Chi vuol salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”. La dinamica del perdere/trovare è essenziale alla vita. La vita che si vuole difendere risulta vuota, fasulla, mentre la vita vera, quella desiderabile e che la fa desiderabile, è soltanto quella ‘donata’, cioè trovata. Dire ‘trovata’ significa alludere a quella gioia della scoperta che rende capaci di lasciare tutto il resto, di vendere tutto, come le parabole del tesoro nascosto in un campo e della perla preziosa rivelano.

Nella reazione di Pietro vediamo la nostra stessa contraddizione. Per esprimerla con le parole della liturgia di oggi: è vero che nel profondo del cuore diciamo "tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne" (Sal 62) ma è vero anche che, nel concreto delle situazioni e nel nostro animo, preferiamo i nostri pensieri ai pensieri di Dio. Lo esperimenta anche il profeta Geremia in tutta drammaticità: "Mi hai sedotto Signore, e io mi sono lasciato sedurre", ma davanti alla fatica di star fedeli alla parola del Signore si dice in cuor suo "Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome". A differenza però del profeta Geremia il quale continua dicendo: "Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo", noi fin troppo bene riusciamo a 'contenere' quel fuoco, lo mortifichiamo, lo spegniamo e non riusciamo a volte nemmeno più a sentirne la presenza. Ed è per questo che non riusciamo a liberarci dal bisogno di difenderci, impedendoci però di ‘godere’ la vita e impedendolo in qualche modo anche agli altri.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Ger 20, 7-9

Dal libro del profeta Geremia

 

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;

mi hai fatto violenza e hai prevalso.

Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;

ognuno si beffa di me.

Quando parlo, devo gridare,

devo urlare: «Violenza! Oppressione!».

Così la parola del Signore è diventata per me

causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.

Mi dicevo: «Non penserò più a lui,

non parlerò più nel suo nome!».

Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,

trattenuto nelle mie ossa;

mi sforzavo di contenerlo,

ma non potevo.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 62

Ha sete di te, Signore, l'anima mia.

O Dio, tu sei il mio Dio,

dall’aurora io ti cerco,

ha sete di te l’anima mia,

desidera te la mia carne

in terra arida, assetata, senz’acqua.

 

Così nel santuario ti ho contemplato,

guardando la tua potenza e la tua gloria.

Poiché il tuo amore vale più della vita,

le mie labbra canteranno la tua lode.

 

Così ti benedirò per tutta la vita:

nel tuo nome alzerò le mie mani.

Come saziato dai cibi migliori,

con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

 

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,

esulto di gioia all’ombra delle tue ali.

A te si stringe l’anima mia:

la tua destra mi sostiene.

 

Seconda Lettura  Rm 12, 1-2

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.

Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

 

Vangelo  Mt 16, 21-27

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».