Terzo ciclo

Anno liturgico B (2008-2009)

Tempo di Natale

 

Natale di N. S. Gesù Cristo

(25 dicembre 2008)

 

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Messa della notte: Is 9,1-6;  Sal 95;  Tt 2,11-14;  Lc 2,1-14

Messa dell’aurora: Is 62,11-12;  Sal 96;  Tt 3,4-7;  Lc 2,15-20

Messa del giorno: Is 52,7-10;  Sal 97;  Eb 1,1-6;  Gv 1,1-18

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La liturgia del natale del Signore si distende tradizionalmente su tre formulari di messe (la messa della notte, dell’aurora e del giorno) che sottolineano i vari aspetti della celebrazione. La chiave celebrativa è data dal canto all’alleluia nelle tre messe, tratto dall’annuncio e dall’invito degli angeli ai pastori: “Vi annunzio una gioia grande … Gloria a Dio e pace in terra … Venite tutti ad adorare il Signore”. È l’esultanza che percorre la chiesa per la nascita del Salvatore, esultanza che si estende a tutta la terra e si traduce nell’esperienza della luce e della pace, così caratteristica delle tradizioni natalizie anche in chi ha ormai illanguidito la sua visione del mistero. Quella gioia ci tocca perché ci riguarda, è un dono per noi. Caso mai, il problema nasce nel come trattenerla, come farla propria, come farle attraversare tutta la nostra vita per illuminarla.

La liturgia insegna ad affinare gli sguardi. La realtà che ci si para davanti non è di immediata fruizione. Il periodo di avvento ci aveva incoraggiati: “viene il Signore con potenza”. Oggi gli occhi si riempiono di luce e di gioia. Ma la realtà qual è? Quale potenza mostra mai un Dio che si fa fragile e inerme bambino? Quali luci in un evento di cui nessuno sembra accorgersi, in una situazione di povertà e di totale discrezione? La liturgia natalizia incastona l’evento del natale di Gesù tra la testimonianza del Padre con l’antifona di ingresso: “Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato” (Sal 2,7) e la testimonianza dell’apostolo Giovanni: “Il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria” con l’antifona alla comunione. La gloria che gli apostoli hanno visto è la gloria di quella generazione eterna, vista nel suo rapporto con gli uomini perché in quella generazione eterna è espresso tutto l’amore che dà senso al mondo e che costituisce pure la gloria dei figli degli uomini. Come gli angeli cantano ai pastori: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama”. Da intendersi: la gloria che deriva a Dio dal suo amore per gli uomini, di cui il Figlio è la cifra suprema, si risolve per gli uomini nella condivisione di quell’amore con lui e tra di loro, vera loro pace. Di tutto questo è segno quel Bambino che oggi nasce a Betlemme, fonte di letizia per il mondo.

A sottolineare la fecondità del realismo dell’amore di Dio che ci viene incontro nella nostra stessa umanità, la liturgia prega con la colletta della messa dell’aurora: “Signore, Dio onnipotente, che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo, fa’ che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito”, ripreso ancora nella colletta della messa del giorno: “O Dio ... fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”.

L’espressione di un’omelia di Gregorio Palamas illustra bene la natura di quell’operazione di cui ravvisiamo i termini proprio in questa notte di luce: “Vedendo che le creature dotate di ragione erano danneggiate dal desiderio d’essere maggiori, fa loro dono di se stesso, di cui nulla è maggiore, né pari, né prossimo, ed invita alla partecipazione coloro che lo desiderano... Elimina incredibilmente l’occasione delle cadute fin dal principio: essa era la superiorità e l’inferiorità contemplate negli enti e l’invidia, l’inganno e le contese, manifeste e nascoste, che ne derivavano ... La stessa Parola, Dio da Dio, avendo svuotato se stessa in modo ineffabile ... divenuta umile e povera come noi, ha innalzato ciò che stava in basso; anzi, riunite entrambe le cose in una sola, per aver mescolato alla divinità l’umanità, ha mostrato in tal modo a tutti la via che porta verso l’alto, l’umiltà, proponendo oggi se stessa come esempio agli uomini e agli angeli santi”.

L’esultanza che ne deriva è ben espressa dalla testimonianza degli angeli ai pastori a Betlemme. L’annuncio della gioia tocca gli angeli (messa della notte), a sottolineare che quella gioia è un’offerta, un dono celeste. La formulazione però dell’annuncio è più misterioso di quanto crediamo. Le parole messe in bocca agli angeli sono già frutto di una lunga esperienza di compagnia con quel Figlio, che ora è visto bambino, ma che il racconto evangelico testimonierà essere presso Dio prima della creazione del mondo, essere venuto a rivelare il vero volto di Dio, essere venuto a morire e risorgere per dare la vita agli uomini. E quando proclamano “gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” esprimono la verità del mistero a lungo contemplato e adorato; si tratta dell’esultanza dell’esperienza dell’amore di Dio per l’uomo. Nel suo amore per l’uomo Dio trova la sua gloria che è appunto lo splendore del suo amore di accondiscendenza per l’uomo (e gli angeli sono coloro che adorano Dio in modo puro perché esultano per un mistero che li trascende: non celebrano Dio per l’amore verso di loro ma verso gli uomini, creature a loro inferiori. Ricorderà poi Gesù che non si può adorare Dio cercando la propria gloria!) e sempre in quell’amore l’uomo trova la sua pace, ritrova il senso e la gioia del vivere, perché di quell’amore è intriso il mondo e di quell’amore respira il cuore dell’uomo.

 

La letizia dell’annuncio natalizio costituisca il vigore dell’anima e lo spazio di intelligenza del cuore.

Buon Natale a tutti.