Terzo ciclo

Anno liturgico A (2007-2008)

Tempo di Pasqua

 

Ascensione

(4 maggio 2008)

 

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At 1,1-11;  sal 46;  Ef 1,17-23;  Mt 28,16-20

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Probabilmente oggi non esprimeremmo i desideri profondi del nostro cuore con le parole della liturgia nella preghiera dopo la comunione: “Dio onnipotente e misericordioso, che alla tua Chiesa pellegrina sulla terra fai gustare i divini misteri, suscita in noi il desiderio della patria eterna, dove hai innalzato l’uomo accanto a te nella gloria”. Eppure, questa preghiera corrisponde profondamente all’anelito dei cuori.

Tutto dipende dalla prospettiva in cui guardiamo ai misteri della vita del Signore. Possiamo guardarli da spettatori, come da fuori campo o da attori in gioco, dentro la scena. I misteri della vita di Gesù, ascensione compresa, vanno tutti letti nella loro potenza di rivelazione dell’amore del Padre per noi uomini. La colletta lo illustra molto bene: “Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo nostro Capo nella gloria”. Se guardiamo al mistero come rimirando un quadro vediamo Gesù in alto e immaginiamo, oranti e fiduciosi, di poter partecipare un giorno alla sua gloria. Se guardiamo da dentro la scena la vista cambia. Dov’è il cielo o che cosa è cielo? Il cielo non è un luogo ma una dimensione e non per nulla quando Gesù dice che va al Padre dice anche che viene a noi. Cielo è il cuore dove Dio è adorato in tutta la sua gloria e la sua gloria è l’amore per gli uomini che in Gesù, morto e risorto, risplende e che il suo Spirito ci partecipa perché possiamo conoscere il Padre nel suo immenso amore per noi e avere la vita. Così, vedere Gesù asceso al cielo significa vedere compiersi l’umanità nella gloria dell’amore, amore che è la vita di Gesù che viene a noi e agisce dal di dentro dei nostri cuori, riempiendo ogni spazio in modo da far risplendere la presenza di Dio.

Il passaggio da un modo di guardare all’altro è dato dalla tensione che intercorre tra la gioia di adesso e la gloria di domani. La gioia di adesso ha proprio a che fare con la presenza esperita del Signore Gesù, quella gioia di cui Gesù aveva detto: “nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16,23). È la gioia che scaturisce da un incontro rivelatore, un incontro che apre il nostro cuore alla possibilità di vedere compiuti i desideri di innocenza, di bene, di comunione, che portiamo inscritti ma senza riuscire a soddisfarli. Lo stesso passaggio è sottolineato dalla diversità di sguardo rispetto all’evento dell’ascensione come narrato negli Atti degli apostoli: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l' avete visto andare in cielo”. Un conto è guardare un fenomeno (in greco, βλέπω) e un conto è contemplarlo, coglierne il senso, assimilarne il significato, permettergli di generare in noi quella vita di cui è portatore (in greco, θεάομαι). Per arrivare al secondo significato è necessario l’apertura all’incontro, come prega Paolo: “il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza …” (Ef 1,17-19).

L’apertura all’incontro è l’apertura ad una ‘potenza’ che dinamizza, che include in una relazione che genera vita, che induce all’amore e che svela i volti, e di Dio e dell’uomo. È l’effetto della contemplazione dell’ascensione di Gesù al cielo. Le ultime parole del vangelo di Matteo, che oggi abbiamo proclamato, sono particolarmente significative a questo riguardo.

Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.

Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,

insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.

Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Sono quattro parole che riassumono la logica della fede in Gesù.

1) a lui è dato tutto il potere per farci conoscere il vero volto di Dio: lui ci fa conoscere che Dio è Padre e ci riconcilia con Lui svelandoci il suo immenso amore. Nello stesso tempo, a lui è stato dato il potere di parteciparci la sua vita, quella vita di cui portiamo immenso desiderio e che risulta essere condivisione del suo immenso amore.

2) il segreto del mondo è proprio questo: quanto Dio ha amato il mondo mandandoci il suo Figlio! Non resta che percorrere il mondo perché sia noto a tutti questo segreto, fonte di vita per l’uomo. ‘Ammaestrare’ significa far sì che tutti possano veder risplendere questo segreto, che tutti possano vedere quanto Gesù ha amato il Padre e ha testimoniato il suo amore per gli uomini.

3) quando nei cuori alberga questa verità, allora il compito dei discepoli è quello di seguire Gesù sempre e comunque, facendo continuamente memoria di lui, in quello Spirito che li accomuna e li muove, nella storia degli uomini.

4) vivendo sempre della gioia della sua presenza nell’ora attuale della nostra storia.

Dio è davvero capace di adempiere le sue promesse. L’ascensione al cielo di Gesù lo dimostra, come ripete s. Paolo ricordando “qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza …”.