Terzo ciclo

Anno liturgico A (2007-2008)

Solennità e feste

 

Immacolata Concezione

(8 dicembre 2007)

 

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Gn 3,9-15.20; sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38

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Ave, piena di grazia” è il saluto dell’angelo Gabriele a Maria. La festa di oggi fa presagire quanto siano insondabili i confini di questa sua pienezza di grazia: unica tra tutte le creature non è toccata da ombra di peccato, fin dal suo concepimento, fin dal suo primo istante di esistenza. Dire che non ha ombra di peccato non è che la modalità per negativo di dire quanto sia coperta dall’ombra dello Spirito Santo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo…”.

La liturgia oggi non fa che proclamare l’insondabile e straordinaria volontà di benevolenza di Dio per gli uomini, in tutto lo splendore d’amore che comporta, che,  per dirla con l’espressione di Paolo agli Efesini, esprime tutto ‘il beneplacito della sua volontà’. Se leggiamo la festa di oggi sulla falsariga dell’inno di Paolo, nel capitolo primo della sua lettera agli Efesini, potremo comprendere più adeguatamente sia l’inno del magnificat pronunciato dalla Vergine che la ragione della profezia rivoltale di essere ‘la benedetta tra tutte le donne’. Dice Paolo: “In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente, conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo”. Vediamo in lei la prima che ha sperato in Cristo e che perciò è stata fatta a lode della sua gloria, vale a dire adatta a rivelare la sua gloria, adeguata a portare la sua gloria. E se la gloria non è che lo splendore del suo amore per gli uomini, allora è lei colei che più di tutti l’ha fatto risplendere con il portare in grembo, partorire, custodire, condividere il mistero di quel Gesù, suo Figlio, dato per noi, a rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini. La pienezza di grazia della Vergine è in funzione di quella rivelazione, che costituisce la ragione per cui lei è chiamata a dare carne a colui nel quale riposa il sommo beneplacito, la totale compiacenza di Dio, come sarà dichiarato espressamente nel momento del battesimo e della trasfigurazione del Signore Gesù. È lei che può esprimere in tutta la sua profondità ed esultanza quell’amore di benevolenza di Dio che salva l’uomo, di cui tutti siamo chiamati a fare esperienza: “benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo…”. Ci può essere per l’uomo motivo più autentico di benedizione di Dio di questo ‘riconoscimento’ dell’amore Suo per noi, in Cristo, che ha presieduto alla stessa origine del mondo e che ha avuto nella Vergine Immacolata il suo segno tangibile?

Riflettendo sul passo del racconto del peccato narrato dal libro della Genesi si può osservare come le varie creature si pongano nei confronti di Dio. Quando Dio chiede ad Adamo se abbia trasgredito il suo comando, lui risponde addossando la colpa ad Eva. Quando Dio si rivolge ad Eva, lei risponde addossando la colpa al serpente. Ma quando Dio è davanti al serpente, il serpente tace. Adamo ed Eva rispondono a Dio, pur giustificandosi, perché hanno nostalgia di Dio. Il serpente sembra non avere alcuna nostalgia: non semplicemente ha peccato, ma non è proprio d’accordo sul fatto che Dio conceda i suoi favori agli uomini e resta quindi avversario di Dio. È avversario di Dio chi è geloso dei beni che Lui riversa sulle sue creature e perciò resta astioso, astio di cui facciamo le spese noi continuamente. Chi è capace di far risplendere i doni di Dio solo godendo dell’immenso amore di Dio per gli uomini è pieno di grazia. E da tale pienezza di grazia non può non derivare il Salvatore, che è la rivelazione dell’infinito amore di Dio per gli uomini. Credo voglia dire anche questo la pienezza di grazia della Vergine, dalla quale nasce Gesù, il Salvatore. Ed è per questo che la tradizione saluta la Vergine come la gioia dell’universo.