Secondo ciclo

Anno liturgico C (2006-2007)

Tempo Ordinario

 

31a Domenica

(4 novembre 2007)

 

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Sap 11,22-12,2;  Sal 144;  2Ts 1,11-2,2;  Lc 19,1-10

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L’ultimo incontro di Gesù, prima di arrivare a Gerusalemme, è quello con Zaccheo, l’esattore delle tasse di Gerico, malvisto e odiato da tutti. La gente, che fa ala al passaggio di Gesù, non gli lascia nemmeno un varco per sbirciare tanto che dovrà correre avanti e salire su di un sicomoro se vorrà vedere che faccia abbia quel famoso maestro. Non poteva certo prevedere l’esito dell’incontro, ma sicuramente il suo cuore era già mosso da un’aspettativa misteriosa. Un uomo della sua importanza non poteva certo esporsi al ridicolo per un motivo futile. Gesù, che guarda ai cuori, ‘sente’ il suo desiderio e gli si fa incontro. Come non si lascia distogliere da nulla nel suo cammino per Gerusalemme, così non si lascia intimorire dal brusio generale di disapprovazione pur di far toccare con mano, a Zaccheo come a tutti, il Regno che viene con la sua presenza.

Il racconto gioca appunto sulle attese dei cuori. Sia Zaccheo che la folla, per motivi diversi, non riescono a vedere ancora Gesù nella sua realtà di Salvatore. Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, aveva scoperto di non poter più restare dov'era; le ricchezze di cui si faceva forte nel confronto con gli altri, per cui gli altri lo temevano, non soddisfano i desideri del suo cuore. Vuole vedere Gesù (motivo, questo, che ricompare diverse volte nei vangeli).  Anche la folla, di curiosi o simpatizzanti, vuole vedere il Maestro ma – i loro pensieri lo rivelano - non sa capacitarsi del mistero di Dio che incontra l'uomo. Questa folla siamo noi quando cerchiamo di fare il bene, senza però che questo bene porti il frutto desiderato, vale a dire la conoscenza del Signore, la comunione di sentimenti e di desideri con il nostro Dio. È un bene esibito, un bene imposto, tirato, rivendicatorio, distante da quell'intimità a cui dovrebbe aprire l'accesso.

Quando nella colletta abbiamo pregato: "... porta a compimento ogni nostra volontà di bene...", è come se avessimo domandato: fa' che il bene che operiamo si risolva nella visione di Te. Desiderare il bene non comporta solo il fatto di muoversi a farlo, ma di farlo in modo tale che si riveli al nostro cuore il Volto di Dio. Fare il bene comporta sempre un incontrare il nostro Dio, che vuole la salvezza di tutti. Così, quando Gesù arriva sotto l'albero dove è salito Zaccheo e lo invita a riceverlo nella sua casa, in realtà non è Gesù che va nella casa di Zaccheo, ma Zaccheo che viene nella casa di Gesù. La decisione di Zaccheo di dare la metà dei suoi beni ai poveri e di restituire quattro volte tanto il maltolto, esprime la gioia di trovarsi ormai nella casa di Gesù, nel mistero cioè di quella fraternità che svela il Volto di Dio agli uomini. Il bene che così si compie non ha più nulla di esibito, di rivendicatorio, di ricattatorio, ma procede e si risolve interamente in quella intimità ritrovata con il proprio Dio. La folla non è ancora entrata nella casa di Gesù, anche se lo accompagna.

L’espressione del libro della Sapienza: “Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato…” allude allora al Bene di Dio per noi scoperto e sperimentato proprio nel nostro disporci a condividere i sentimenti di Dio nei confronti dei nostri fratelli. Il ritornello al salmo responsoriale: “la gloria di Dio è l'uomo vivente” va completato con il seguito della citazione, presa da Ireneo di Lione (Contro le eresie, lib. IV, 20, 7): “e la vita dell’uomo è visione di Dio”. L’uomo ‘vivente’ non indica semplicemente l’uomo che è in vita, ma l’uomo che vive per Dio condividendo i suoi sentimenti. L’uomo non è figlio di Dio semplicemente perché creatura di Dio, ma perché invitato a godere della rivelazione di Dio, a vedere il Volto di Dio come Padre, nel Figlio suo Gesù Cristo. Figlio, che, come riferisce il canto al vangelo (“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito”), è dato a me perché possa conoscere il Volto di Dio e scoprire tutto l'amore di Dio per l'uomo. È l'invito a saziarsi di bellezza e di amore in quel Figlio che rivela il Padre così vicino agli uomini e che con il Suo Spirito permette all'uomo di vivere la fraternità con gli uomini come sacramento della paternità di Dio.

E ritornando ancora alla prima lettura, se è vero che “tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia”, allora possiamo pregare: di fronte alla visione di Te, tutto è come polvere, nulla attira i desideri del cuore se non Te solo; se Tu “hai compassione di tutti ...non guardi ai peccati degli uomini”, allora i nostri cuori sono così desiderosi di Te da riferirci a tutti in modo da non separarci dal tuo amore, da non guardare al peccato di nessuno per non essere separati dai nostri fratelli, da amare chiunque perché tutti facciano esperienza di quanto è buono il tuo amore.

E se Gesù dice a Zaccheo: "oggi, devo fermarmi ...", vuol dire che ogni momento della nostra storia è il momento adatto per farla diventare storia sacra, e lo diventa appena si fa strada nel cuore il desiderio di vedere chi sia Gesù. E vuol dire anche che in ogni situazione, in ogni circostanza, in ogni peccato, possiamo sentirci dire "scendi in fretta, perché devo fermarmi". Nulla impedisce al Signore di invitarci nella sua casa e di sciogliere i nostri lacci per vivere finalmente una fraternità che riveli il Volto di Dio.