Secondo ciclo

Anno liturgico B (2005-2006)

Tempo Ordinario

 

30a Domenica

(29 ottobre 2006)

 

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Ger 31,7-9;  sal 125;  Eb 5,1-6;  Mc 10,46-52

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Il brano del vangelo di oggi ha degli accenti assolutamente particolari. I verbi, anzitutto. Tutti i verbi del brano sono intensivi: Bartimeo, il cieco alle porte di Gerico, grida, non semplicemente chiama; ripetutamente grida (tra l’altro, il grido del cieco è diventato il paradigma dell’invocazione della preghiera di Gesù, della preghiera del cuore!); getta via il mantello, non semplicemente se lo toglie; balza in piedi, non semplicemente si alza; si rivolge a Gesù da dentro una conoscenza che aveva già lavorato il suo cuore, sebbene non avesse ancora mai potuto vederlo in faccia e appena lo vede, si mette a seguirlo. E dove Gesù lo porta? A Gerusalemme, perché subito dopo il miracolo, il testo del vangelo prosegue descrivendo l’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme, dove si compie la sua ora. La vista che gli ha ridato, nella visione della fede che ormai abita il cuore, lo porta a vedere in Lui il Regno che si compie. E così la figura di questo cieco diventa l’immagine-simbolo della tensione dell’anima e della scoperta di Colui che ormai ha rapito i nostri cuori.

In secondo luogo, assume un tono del tutto speciale il titolo che il cieco dà a Gesù: “Rabbunì”, evidentemente pronunciato con un tono accorato, a differenza delle grida che gli avevano ottenuto l’attenzione dello stesso Gesù. Quella espressione nasconde un mondo. Solo in un altro passo evangelico risuona quel titolo, sulla bocca di Maria Maddalena quando, nel giardino, si sente chiamare per nome da Gesù subito dopo la sua resurrezione (cfr. Gv 20,16). Immaginiamo il trasporto, l’emozione con cui viene pronunciato! Rivela la natura di un rapporto personale, intimo, con Gesù di cui ormai ha condiviso vita e sentimenti, verso cui tende con tutta la sua anima. Anche per Bartimeo quell’appellativo nasconde una tensione fortissima dell’anima. E non solo in funzione della guarigione che invoca, ma in funzione dell’orientamento di tutta la sua vita, come poi il brano testimonia annotando che Bartimeo va dietro a Gesù. Quel suo ‘andar dietro’ a Gesù  porta l’eco del comando di Gesù: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. In effetti ogni guarigione procurata dalla fede si traduce sempre in un andare, un andare appunto dietro a Colui che si è mostrato e che ci ha rapito il cuore.

Collegato alla prima lettura, al brano di Geremia, di quel capitolo 31 così ricco di immagini e contenuti, la guarigione del cieco di Gerico rivela tutto il suo senso. Quel capitolo descrive il compiersi della promessa di Dio per gli esuli a Babilonia, l’arrivo a Sion del Signore con il suo popolo, realizzazione che è foriera di un’altra promessa, quella di una nuova alleanza scritta sui cuori quando Israele corrisponderà con la stessa dedizione all’attaccamento del Signore al suo popolo e tutto sarà riedificato nuovamente. Ma quello che è straordinario è la descrizione dei sentimenti di Dio per il suo popolo: “Ti ho amato di amore eterno …le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza … tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato”. E’ il ‘segreto del re’, che si fa noto in Gesù, avvertito confusamente ma potentemente anche da Bartimeo. Troppo a lungo ha dovuto soffrire, troppo a lungo ha dovuto aspettare, troppo a lungo aveva sperato per indugiare ancora: tutto scoppia, prorompe, perdendo ogni ritegno. E Gesù, che anche lui vive con impazienza ormai la dinamica di rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini da non vedere l’ora di arrivare a Gerusalemme, riconosce il suo desiderio, lo risana e lo rende suo compagno di viaggio, partecipe ‘vedente’ del suo segreto da parte di Dio. E’ l’esito della nostra preghiera: tornare ad avere il cuore che vede compiersi, svelarsi nella nostra vita il segreto di Dio. In questa prospettiva ha senso l’esultanza del credente come ripete l’antifona d’ingresso di oggi: “Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto”, perché vi renda complici del suo segreto per l’uomo. La preghiera è appunto la condivisione della ‘fretta’ che muove Gesù di veder compiersi il segreto di Dio in favore degli uomini, fretta che trascina i discepoli e muove il mondo. Soltanto l’invocazione ‘gridata’ con tutto il cuore, senza alcun ritegno, come è avvenuto per la donna Cananea (Mc 7, 26) e Bartimeo: “Figlio di Davide, abbi pietà di me” farà vedere la fretta che muove il Signore nel suo appressarsi all’uomo aprendoci il suo segreto e sanando così il nostro cuore, tanto da trascinarci nella sua stessa dinamica perché tutti ne siano lambiti.