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Sesto ciclo

Anno liturgico B (2017-2018)

Tempo di Avvento

III Domenica

(17 dicembre 2017)

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Is 61,1-2.10-11;  Salmo da Lc 1,46-54;  1 Ts 5,16-24;  Gv 1,6-8.19-28

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La stessa espressione di Giovanni Battista riportata nel vangelo di Marco, la ritroviamo anche in Giovanni: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo” (Gv 1,26-27). È singolare che l’evangelista Giovanni introduca la testimonianza del Battista a proposito di Gesù subito dopo aver scritto: “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Questa è la testimonianza di Giovanni …” (Gv 1,18-19). La testimonianza di Giovanni non riguarda solo l’indicazione della persona del Messia ma il fatto che il Messia sia colui che fa conoscere il Padre, sia colui che è lo Sposo di Israele. A tutti dice: io non ho diritto alla Sposa, la Sposa è sua! A questo allude l’immagine di sciogliere il laccio del sandalo.

E un’altra particolarità del vangelo di Giovanni è da notare. Giovanni nomina le persone unicamente in rapporto a Gesù: la madre di Gesù, il discepolo che Gesù amava … Così per il Battista: lui è la voce, che prepara gli uomini alla venuta del Cristo. Questo perché nel vangelo di Giovanni il Cristo è presentato come la Luce, Luce che illumina, che riscalda, che avvolge, che dilata, che fa vivere. Se nella colletta preghiamo: “donaci un cuore puro e generoso”, intendiamo: dacci un cuore che sappia accogliere in tutto il suo splendore la Luce che è il Cristo e che di lui viva.

Alla testimonianza del Battista fa riscontro quella del profeta Isaia: “Lo spirito del Signore Dio è su di me” (Is 61,1). È l’espressione che nel vangelo di Luca Gesù si applica all’inizio della sua predicazione. Proclamarla nel periodo dell’Avvento significa orientare gli sguardi a cogliere il senso della venuta del Messia. Perché il Messia è pieno dello Spirito del Signore? Perché toccherà a lui svelare il volto del Padre, che è compassione per noi. In effetti, il profeta specifica cosa lo Spirito faccia fare al Messia: portare l’annuncio di gioia ai miseri, fasciare le piaghe ai cuori spezzati, dare la libertà a coloro che vivono nella costrizione del dominio del più forte, liberare i prigionieri e farli uscire alla luce, aprire loro la grazia di un tempo nuovo. In questo l’umanità riconosce Colui che la sposa, Colui che la porta alle nozze di un’esistenza liberata e rinnovata nell’amore.

Possiamo vedere gli effetti di questa liberazione goduta in ciò che Paolo scrive ai Tessalonicesi: “Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5,16-18). Da intendere: questo è ciò che opera il Signore Gesù nei vostri cuori, se voi l’accogliete. L’invito segue l’esortazione a vivere in pace e a perseguire sempre il bene senza mai cedere al male. In greco la frase fa cadere l’accento non sul contenuto, ma sul tempo: ‘sempre, siate lieti; ininterrottamente, pregate; in ogni cosa, rendete grazie’. Noi potremmo intendere in questo modo: come dobbiamo essere sempre? Lieti. Cosa dobbiamo fare senza interruzione? Pregare. Cosa non dobbiamo tralasciare mai? Rendere grazie. Sono le tre caratteristiche di un agire libero e generoso: gioiosi, oranti, grati. Non si tratta però di qualità da perseguire per se stesse perché desiderabili, ma di condizioni essenziali che permettono di vivere dello spirito del Messia, cioè quello, come dicevo sopra, di portare l’annuncio di gioia ai miseri, fasciare le piaghe ai cuori spezzati, ecc. Chi ha percepito l’amore di benevolenza di Dio sul mondo, di cui Gesù è il testimone e il rivelatore, può vivere nella letizia (non è più corroso dalla tristezza, nonostante le ragioni più che plausibili che la alimentano), diventa capace di accogliere il suo Dio nella preghiera (non resta più chiuso all’avventura con il suo Dio) e non ha più bisogno di rivendicare nulla perché rende grazie in ogni cosa. Il legame tra queste tre cose è tanto forte che ognuna, praticata in sincerità, fa ottenere anche le altre due: chi vuole rendere grazie in ogni cosa si ritroverà presto guarito e liberato da ogni forma di pretesa e potrà godere dell’intimità che sogna e della gioia a cui anela. Chi prega in sincerità ritroverà la libertà interiore per stare lieto e vivere la vita in eucaristia, in rendimento di grazie. Ma la letizia che fa vivere è quella che germoglia, come dice il profeta Isaia, dall’incontro con colui che scopro essere il mio Salvatore, col quale attraversare dolori e fatiche della vita.

Colui sul quale è lo Spirito del Signore, che sta in mezzo a noi, non è però conosciuto. Ha bisogno di testimoni che lo segnalino. Giovanni Battista è uno di questi, il più grande. La sua risposta alla domanda che gli viene rivolta: “Tu chi sei?” rivela come si percepisce: sono soltanto uno che addita qualcun altro e sono in quanto addito, perché questa è la volontà del Signore su di me. Tutta la mia vita sta racchiusa in questo riferirmi a Colui che deve venire, che è già qui e che vi addito come l’Inviato da seguire. Lui vi mostrerà quel regno che io ho solo intravisto e atteso.

Sul finire della vita, la stessa domanda è lui a rivolgerla a Colui che aveva additato: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. La domanda del Battista svela come non sia mai conclusa la rinuncia alle nostre immaginazioni sul Regno per aprirsi alla venuta di quel Regno in verità, come a Dio è piaciuto manifestarlo. Il regno mostrato da Gesù è davvero il compimento delle attese dei cuori e, proprio per la sua semplicità, inspiegabilmente diverso da come i cuori si immaginano che debba essere. Con Gesù finisce questo faticoso riferirsi a qualcosa come dovrebbe essere per aprirsi a quello che è: amore, pieno di compassione per noi.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Is 61, 1-2.10-11

Dal libro del profeta Isaia

Lo spirito del Signore Dio è su di me,

perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;

mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,

a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,

a proclamare la libertà degli schiavi,

la scarcerazione dei prigionieri,

a promulgare l’anno di grazia del Signore.

Io gioisco pienamente nel Signore,

la mia anima esulta nel mio Dio,

perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,

mi ha avvolto con il mantello della giustizia,

come uno sposo si mette il diadema

e come una sposa si adorna di gioielli.

Poiché, come la terra produce i suoi germogli

e come un giardino fa germogliare i suoi semi,

così il Signore Dio farà germogliare la giustizia

e la lode davanti a tutte le genti.

Salmo Responsoriale  Lc 1, 46-54

La mia anima esulta nel mio Dio.

L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome;

di generazione in generazione la sua misericordia

per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,

ricordandosi della sua misericordia.

Seconda Lettura  1 Ts 5, 16-24

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.

Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

 

Vangelo  Gv 1, 6-8. 19-28

Dal vangelo secondo Giovanni

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.