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Sesto ciclo

Anno liturgico A (2016-2017)

Tempo Ordinario

XIV Domenica

(9 luglio 2017)

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Zc 9, 9-10;  Sal 144;  Rm 8, 9. 11-13;  Mt 11, 25-30

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La liturgia di oggi può essere letta come una rivelazione del Nome di Dio. L’antica richiesta di Mosè: “Mostrami la tua gloria” (Es 33,18), esigita a conferma della promessa di Dio di non ripudiare il popolo dopo il peccato del vitello d’oro, di stare ancora in mezzo al popolo, di guidarlo verso la terra promessa, trova un’ulteriore soddisfazione. Sul Sinai, non potendo vedere il volto di Dio, Mosè ascolta la proclamazione del Nome di Dio: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6). Il profeta Zaccaria lo mostra come incarnato nel re-messia che entra in Gerusalemme, umile, portando pace e che il salmo responsoriale, il salmo 144, proprio rifacendosi alla rivelazione del Sinai, commenta come Dio misericordioso e pietoso, buono verso tutti.

Nel brano di vangelo che proclamiamo oggi Gesù si rifà a quella rivelazione e la mostra realizzata in lui: l’uomo ora può anche vedere il volto di Dio! Gesù è il volto di Dio “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco nell’amore”. Il definirsi come ‘mite e umile’ introduce a vedere la gloria di Dio, gloria che è splendore di amore per i suoi figli. Il vangelo di Matteo non rivela la circostanza della proclamazione di Gesù, ma il passo parallelo di Lc 10,17-22 lo dice chiaramente. Tornano dalla missione di predicazione i 72 discepoli che Gesù aveva inviato davanti a sé, tutti contenti per il successo registrato tanto che Gesù prorompe in un grido di esultanza: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché hai deciso nella tua benevolenza”. È l’esultanza di fronte all’accondiscendenza di benevolenza del Padre per gli uomini, che possono godere del suo amore senza averne alcun titolo. L’uomo può godere del fatto che Dio si approssimi a lui in Gesù e tutto si risolve in una questione di sguardo. L’uomo non deve conquistare Dio, ma aprirsi alla sua rivelazione. Dio è già dalla sua parte. L’unica conquista è quella di acquisire quell’atteggiamento del cuore che consente di ricevere la rivelazione del suo amore. Questo caratterizza i ‘piccoli’, la cui qualità è definita in rapporto ai ‘sapienti e dotti’ che si affannano invece come a cercare le condizioni possibili per una presenza accettabile di Dio. I pensieri degli uomini non corrispondono ai pensieri di Dio e chi preferisce quelli di Dio ai propri appartiene al numero dei ‘piccoli’. La condivisione da parte di Gesù del compiacimento di Dio non allude semplicemente al fatto che a Dio piace rivelarsi ai piccoli, ma alla condizione essenziale perché Dio possa rivelarsi, come a dire: appena ci si fa piccoli, nella misura in cui ci si fa piccoli, Dio si rivela a noi. Qui si cela il segreto dell’obbedienza al Padre di Gesù, dell’obbedienza del discepolo al suo Maestro, dell’obbedienza della fede. L’esultanza di Gesù come del credente deriva da qui.

Gesù traduce poi la sua esultanza nell’invito: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro … [io] sono mite e umile di cuore”. In quel ‘venite’ si sente l’eco dell’invito del Re che dirà a quelli che sono alla sua destra: “Venite, benedetti del padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25,34). Quel ‘venite’ si fonda sulla volontà di benevolenza di Dio: “così hai deciso nella tua benevolenza”, così è piaciuto a lui e quel ‘piacere’ si è riversato totale su Gesù, come ne fa testimonianza la voce che risuona al battesimo nel fiume Giordano e alla trasfigurazione sul monte Tabor. Quel ‘venite’ risuona fin dalla creazione del mondo perché è la potenza d’amore di quella voce che ci ha portati all’esistenza, anche se le fatiche e i guai della vita ci assordano a tal punto da non sentire nemmeno più l’eco di quell’invito. E l’antico “Io sono” della rivelazione di Dio a Mosé davanti al roveto ardente, proferito in assoluto, con Gesù diventa “Io sono mite e umile”. Il nome di Dio è amore di misericordia.

Sono proprio mitezza e umiltà a contraddistinguere Gesù nell’offrire il suo ristoro/riposo a coloro che sono stanchi e oppressi per le prove della vita. Se non esiste via d’uscita alla fatica del vivere, è però possibile aprirsi alla grazia che la feconda. In effetti, se consideriamo il racconto della creazione nel libro della Genesi, scopriamo che Dio: “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto” (Gn 2,2). L’espressione ‘cessare da ogni lavoro’ corrisponde a ‘riposare’. Ora, ‘riposare’, ‘riposo’, non sono concetti negativi, ma intrinsecamente positivi. Ciò che rende completa la creazione è quel ‘riposo’, sinonimo di pace, armonia, felicità, pienezza, vita eterna. Il termine greco usato nella Bibbia dei LXX per rendere ‘riposo’ è lo stesso che viene usato per le parole di Gesù: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita”. Il ‘ristoro’ che dà Gesù è quel ‘riposo’ che caratterizza la completezza della creazione. Ciò significa che Gesù costituisce davvero il compimento della nostra umanità; che in lui la nostra umanità si compie, si realizza e si ‘riposa’ (cfr. Mt 5,5). Non solo, ma che le caratteristiche del cuore di Gesù, mitezza e umiltà, costituiscono le coordinate di ogni possesso in pienezza, la cifra dello splendore dell’amore che ‘soddisfa’ il cuore dell’uomo. La dolcezza e leggerezza della legge evangelica derivano da qui, sebbene all’inizio e ad uno sguardo superficiale la legge evangelica appaia esigente e pesante, come del resto altri passi del vangelo dichiarano senza reticenze.

La colletta riassume in tre caratteristiche l’andar dietro a Gesù: ‘rendici poveri, liberi ed esultanti’. Poveri di tutto ciò che ci allontana dalla rivelazione del volto di misericordia di Dio per noi, liberi da tutto ciò che si oppone a quella rivelazione ed esultanti per tutto ciò che la consente. Ma giustamente ‘a imitazione del Cristo tuo Figlio’ perché, per quanto si sia desiderosi dei segreti di Dio, non si è disposti a riconoscerli dove si trovano, ad accettarli per quello che sono, a goderli per quello che comportano. Stare con il Signore Gesù è il modo migliore per riconoscere le vie di Dio, accogliere i suoi segreti e non illudere il nostro cuore. Per questo, per quanto strana suoni l’espressione, viene aggiunto ‘per portare con lui il giogo soave della croce’. Nulla di più contrastante tra ‘soavità’ e ‘croce’. Ma quel ‘con lui’ cambia tutto.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Zc 9, 9-10

Dal libro del profeta Zaccaria.

«Esulta grandemente, figlia di Sion,

giubila, figlia di Gerusalemme!

Ecco, a te viene il tuo re.

Egli è giusto e vittorioso,

umile, cavalca un asino,

un puledro figlio d’asina.

Farà sparire il carro da guerra da Èfraim

e il cavallo da Gerusalemme,

l’arco di guerra sarà spezzato,

annuncerà la pace alle nazioni,

il suo dominio sarà da mare a mare

e dal Fiume fino ai confini della terra».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 144

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti

e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.

Ti voglio benedire ogni giorno,

lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Buono è il Signore verso tutti,

la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore sostiene quelli che vacillano

e rialza chiunque è caduto.

Seconda Lettura  Rm 8, 9. 11-13

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

 

Vangelo  Mt 11, 25-30

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».