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Quinto ciclo

Anno liturgico C (2015-2016)

Tempo di Avvento

IV Domenica

(20 dicembre 2015)

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Mic 5,1-4a;  Sal 79;  Eb 10,5-10;  Lc 1,39-45

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Siamo ormai prossimi alla festa del Natale e la liturgia oggi è tutto un invocare il compimento del ‘volere’ la nostra salvezza da parte di Dio. Non è l’uomo a muovere Dio, ma è il volere salvatore di Dio che investe l’uomo.

Due le espressioni che si richiamano a vicenda in questa celebrazione: “fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi” del salmo responsoriale (Sal 79/80,4.8.20) e il canto al vangelo: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38), versetto che precede immediatamente il brano evangelico odierno.

L’invocazione del salmo responsoriale equivale a domandare al Signore: vieni a visitarci, vieni a casa nostra, vieni a salvarci, mostraci il tuo amore! Raggiunge il desiderio stesso di Dio nei nostri confronti, come viene espresso nel brano della lettera agli Ebrei, che riporta le espressioni del Sal 39/40: “Allora ho detto: Ecco io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,7). Sono le parole del Figlio di Dio che non esprimono semplicemente una dichiarazione puntuale, che avviene cioè in un determinato momento, sottintendendo che prima non pensava in questi termini, ma è una dichiarazione eterna, frutto del colloquio eterno tra il Padre e il Figlio nell’amore che li lega tra loro e al mondo. L’apparire finalmente di Gesù nella storia umana non riguarda semplicemente la cronaca storica, ma concerne la dimensione eterna della storia umana. Lui ne è il fulcro, ne è la radice ed insieme il frutto. L’evangelista Giovanni esprimerà la stessa cosa facendo dire a Gesù nel colloquio con Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

A quel ‘volere di salvezza’ si appella la Vergine con le sue parole all’angelo: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38), come proclama il canto al vangelo. È la testimonianza della sua fede e del suo amore più che della sua umiltà. Il volere di benevolenza di Dio per l’uomo, che si era espresso nel volere di intimità del Figlio con il Padre per essere il testimone del suo amore per gli uomini tra gli uomini, si rispecchia nel volere di obbedienza della Vergine che sta unita al suo Dio. Si rivela qui la santità dell’umanità della Vergine che diventa lo spazio di realizzazione del desiderio di Dio per gli uomini, ritrovando in ciò tutta la sua dignità di creatura e tutto lo splendore nel quale era stata concepita fin dall’inizio. E non per nulla l’elogio di Elisabetta si appunta proprio su questo: “beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Parafrasando potremmo aggiungere: beata colei che ha fatto esperienza così forte e totale dell’amore di benevolenza di Dio per l’umanità da non ricercare altro nel suo vivere se non che quell’amore di benevolenza avesse tempo e modo di riversarsi su tutto e su tutti, su di lei come sul mondo.

Il brano evangelico di oggi svela la dinamica interiore dell’obbedienza nella fede che vive la Vergine. Accogliere la rivelazione di Dio è entrare nella dinamica di carità che l’ha promossa. Se si accoglie il Verbo di Dio, se ne accoglie anche la dinamica di amore che l’ha spinto a venire a noi, dinamica che investe il mondo e che costituisce il suo splendore. Ecco perché in quell’ “avvenga per me secondo la tua parola” c’è anche l’impeto di carità che muove la Vergine ad andare da sua cugina Elisabetta. Le parole del magnificat alludono alla carità che ha investito il suo cuore e del cui splendore il suo agire è ormai testimone, segno della presenza fatta carne del Figlio di Dio.

La carità ha a che vedere con un’annotazione singolare del salmo 39/40, ripresa dalla lettera agli Ebrei. Dove il testo ebraico riporta: “Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto”, la versione greca della LXX legge: “Sacrificio e oblazione non hai voluto ma mi hai formato un corpo” (v. 7). Se Gesù prende un corpo, lo prende non solo per compiere il volere di salvezza di Dio per l’uomo, ma per mettersi in condizioni di compiere quella salvezza in termini di splendore di amore e di nient’altro. Assumere un corpo comporta lo svelare i segreti di Dio nella nostra lingua. Non c’è ombra di ‘potenza’ nell’amore che Gesù manifesta nascendo come un bambino, vivendo da uomo e morendo sulla croce; eppure, non c’è potenza più forte di quell’amore che non si fa vincere da nulla. È l’amore che ‘magnifica’ il Signore davanti all’uomo e l’uomo davanti a Dio.

Mi piace riportare le solenni antifone dei vespri della novena di Natale, riprese nel canto al vangelo delle Messe, perché costituiscono un’invocazione ardente e una preghiera intensissima al Signore che viene. Sono sette invocazioni strettamente congiunte che danno il tono alla nostra attesa della nascita del Salvatore:

O Sapienza, di te parlano tutte le cose, tutte a te anelano: di te splenda lo sguardo e il gesto ti ripeta;

O Adonai, Signore e guida della storia, che vai alla ricerca del tuo popolo e fai risplendere il tuo volto su di lui: affascina e acquieta i nostri cuori;

O Germoglio della radice di Jesse, segno per i popoli: alla tua ombra trovino ristoro e riposo le genti;

O Chiave di Davide, che con la tua morte e risurrezione hai aperto le porte del Regno: lascia trapelare il suo splendore nel nostro agire;

O Astro che sorgi, sole di giustizia: la bellezza del tuo volto e la verità della tua bontà rapiscano i cuori;

O Re delle genti, l’atteso delle nazioni, pietra angolare dell’umanità nuova: cedano gli odi e le divisioni perché in te gli uomini si ritrovino tutti figli di Dio, operatori di pace;

O Emmanuele, Dio con noi, speranza dei popoli: la tua pace custodisca i nostri cuori ed i nostri pensieri, come in cielo così in terra.

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

Prima Lettura  Mic 5,1-4a

Dal libro del profeta Michea

 Così dice il Signore:

«E tu, Betlemme di Èfrata,

così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,

da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele;

le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti.

Perciò Dio li metterà in potere altrui,

fino a quando partorirà colei che deve partorire;

e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.

Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,

con la maestà del nome del Signore, suo Dio.

Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande

fino agli estremi confini della terra.

Egli stesso sarà la pace!».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 79

Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Tu, pastore d’Israele, ascolta,

seduto sui cherubini, risplendi.

Risveglia la tua potenza

e vieni a salvarci.

Dio degli eserciti, ritorna!

Guarda dal cielo e vedi

e visita questa vigna,

proteggi quello che la tua destra ha piantato,

il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,

sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Da te mai più ci allontaneremo,

facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

Seconda Lettura  Eb 10,5-10

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”».

Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

 

Vangelo  Lc 1,39-45

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.

E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».